102 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
News sull'omicidio di Alice Scagni a Genova

Alice Scagni, la mamma su indagati per omissione: “Fumo negli occhi, siamo impotenti spettatori”

Sono 3 le persone iscritte al registro degli indagati relativo all’inchiesta per omissioni riguardante l’omicidio di Alice Scagni. La mamma a Fanpage.it: “Temiamo sia fumo negli occhi, indaga lo stesso Stato che non ha fermato la mano di Alberto”
A cura di Gabriella Mazzeo
102 CONDIVISIONI
Alberto e Alice Scagni (foto dal profilo Facebook di Alberto Scagni)
Alberto e Alice Scagni (foto dal profilo Facebook di Alberto Scagni)
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Sono tre gli indagati per omissione di atti d'ufficio e omessa denuncia sul caso della morte di Alice Scagni, la donna di 35 anni uccisa dal fratello Alberto, 42 anni, a Genova lo scorso 1 maggio. La Procura di Genova avrebbe iscritto al registro degli indagati dell'inchiesta parallela per omissioni una dottoressa della Salute Mentale e due poliziotti, accusati di non aver agito dopo la telefonata di 11 minuti al 112 effettuata dal padre di Alberto Scagni poco prima del delitto. "Abbiamo appreso tutto questo dalla stampa, noi per la legge non siamo parte lesa in questo processo. Abbiamo presentato denuncia per omissioni, ma di fatto non possiamo partecipare a queste indagini. Nostra figlia è morta e l'altro figlio è in carcere perché, nonostante le nostre richieste di aiuto, nessuno ha fermato la sua mano. Come possiamo non essere vittime?" ha dichiarato a Fanpage.it Antonella Zarri, madre di Alberto e Alice. 

Alice Scagni
Alice Scagni

Ci sono tre persone iscritte al registro degli indagati per l'inchiesta sulle omissioni legate alle vostre segnalazioni sulla salute di Alberto.

Eppure noi lo sappiamo dai giornalisti. Per la giustizia non siamo parte offesa: il nostro avvocato, Fabio Anselmo, non può verificare la correttezza del procedimento o visionare le prove. Non può neppure sapere come siamo arrivati all'iscrizione al registro degli indagati di queste tre persone. Per la legge non siamo vittime, anche se abbiamo una figlia morta e l'altro in carcere. Si tratta di un lavoro del tutto autoreferenziale: indagano le stesse persone che per prime non sono intervenute per fermare Alberto. Non ci fidiamo perché non abbiamo modo di verificare la genuinità delle indagini. Temiamo che tutto questo sia fumo negli occhi.

Fumo negli occhi per cosa?

Un modo per "consolarci" dopo il rinvio della chiusura dell'incidente probatorio che riguarda l'omicidio. Sembrano astuzie per allungare i tempi di una giustizia pagata con i soldi dei cittadini. In questo momento io e mio marito ci fidiamo solo del nostro avvocato che però non può verificare le indagini portate avanti sul fascicolo per omissioni. Le due cose sono strettamente collegate e non può esserci giustizia senza quel procedimento. In questo momento siamo solo spettatori e queste sono notizie date dagli organi di stampa. Non siamo tutelati come genitori che hanno perso due figli e non riusciamo a fidarci: tutte le volte che lo abbiamo fatto abbiamo preso solo calci in faccia.

Si riferisce alle segnalazioni fatte alla Salute Mentale e al 112?

Non solo. Mi riferisco a tutte le volte che abbiamo creduto che lo Stato avrebbe fatto di tutto per accertare eventuali mancanze, invece ha difeso se stesso. L'avvocato Anselmo ci ha aiutati a realizzare che questa è una vera e propria lotta di Davide contro Golia: contiamo solo su di lui e se lui non può verificare le indagini, non crediamo a niente. Ancora oggi non siamo riusciti ad ascoltare le telefonate che io stessa ho fatto al 112 la sera dell'omicidio per sapere dove fosse mia figlia. Io purtroppo non ho mai avuto notizie ufficiali dalle autorità su cosa fosse accaduto ad Alice, ho scoperto tutto da sola.

Ha avuto modo di vedere Alberto?

Lo abbiamo visto il giorno della famosa udienza che avrebbe dovuto essere la chiusura dell'incidente probatorio. Era molto sofferente e ancora adesso non sta bene. Agli psichiatri ha detto di essere stupito dal fatto che io e suo padre non siamo andati a trovarlo. "Sono l'unico figlio che hanno adesso", ha detto, come se Alice si fosse volatilizzata. Altre volte realizza quello che è successo e piange a dirotto oppure crede che ci sia un complotto contro di lui. Dovrebbe essere curato e questo non avviene: in carcere ha solo dei colloqui con gli psichiatri. Noi siamo pronti, aspettiamo che inizi un percorso di guarigione e in quel momento potremo piangere tutti insieme Alice perché non possiamo fare altro. In questo momento invece stiamo solo assistendo a una guerra di opportunità sulla testa di nostro figlio. Noi vogliamo una giustizia che non si limiti a dipingere Alberto come un mostro, ma che vada fino in fondo.

102 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views