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Assolto dall’accusa di stupro: “Lei ha detto solo ‘basta’, non ha urlato”. Presentato ricorso

Non si può valutare l’attendibilità di una donna che denuncia violenze sessuali sulla base di “canoni stereotipati di reazione”. Su questa base la procura di Torino ha presentato ricorso contro la denuncia del Tribunale che aveva assolto un uomo solo perché la vittima non aveva gridato al momento dello stupro.
A cura di Biagio Chiariello
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Se la vittima non reagisce in modo violento, si può essere assolti dall'accusa di stupro. Su queste basi il Tribunale di Torino ha assolto lo scorso marzo un 46enne: la sua vittima gli ha infatti soltanto intimato di smetterla senza gridare, chiedere aiuto o reagire violentemente. Ora però la vittima, una torinese che lavorava con contratto interinale alla Croce rossa di Torino, ha deciso di presentare ricorso contro quella sentenza: non si può valutare l’attendibilità di una persona che denuncia violenze sessuali sulla base di “canoni stereotipati di reazione”. È la tesi sia della procura che della procura generale di Torino presentata contro la decisione del Tribunale del capoluogo piemontese.

I fatti risalgono al periodo di novembre del 2011 e sarebbero avvenuti in vari ospedali del capoluogo piemontese, dove il dipendente della donna della Croce rossa avrebbe molestato più volte la sua collega, autista barelliere, più giovane e assunta molto più di recente. L'assoluzione è stata motivata in base alla "debole" reazione della donna alle molestie. “Non ho urlato, mi sono chiusa e basta. Ho fatto come se non fosse successo niente” aveva spiegato la vittima. E aveva chiarito al pm: “Non riuscivo a reagire, ho detto ‘no basta’, e ho cercato di scansarlo muovendo il busto, poi non ho detto più niente”.

Ma nella dichiarazione di appello il pm Marco Sanini ha fatto notare come “il silenzio è di una vittima incapace di reagire”. Il Tribunale di Torino ha quindi “ritenuto la parte offesa non attendibile, solo in quanto la stessa non ha reagito come secondo i canoni della aspettativa media sociale dovrebbe reagire un vittima di violenza” evidenzia Sanini. I magistrati torinesi peraltro non avrebbero tenuto conto dell’aspetto psicologico della vittima, in relazione alla “acclarata esperienza traumatica di abuso infantile reiterato intra-familiare, subito dai cinque ai dodici anni da parte del di lei padre”. Una donna abusata quindi, è il ragionamento della difesa, reagisce in modo diverso di fronte a uno stupro rispetto agli “stereotipi”. In altre parole, “la capacità di esprimere i sentimenti e i modelli di comportamento messi in atto dalla donna nel suo interagire con il mondo personale privato e sociale sono la conseguenza di tali episodi pregressi non accettati dalla coscienza o censurati per pudore o vergogna”.

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