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“Arbeit macht frei”: la scritta di Auschwitz comparsa in un centro per migranti salentino

E’ accaduto a Maglie, in provincia di Lecce, e gli autori della scritta, dall’evidente significato razzista, sono ora ricercati dai carabinieri.
A cura di Davide Falcioni
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"Arbeit macht frei" (il lavoro rende liberi). Era il motto riportato all'ingresso di numerosi campi di sterminio nazisti, ma la scritta è comparsa la scorsa notte su un edificio in via San Domenico Savio a Maglie, in provincia di Lecce. La struttura ospita richiedenti asilo ed appaiono quindi evidenti le intenzioni dei writer, probabilmente vicini all'estrema destra locale e intenzionati a lasciare un chiaro messaggio agli ospiti del centro di accoglienza dopo che già nei giorni scorsi alcune persone avevano postato sui social network commenti razzisti nei confronti dei migranti. Nelle scorse settimane la stessa scritta era stata apposta ad Alezio, a una manciata di chilometro di distanza, sempre all'esterno di una struttura che ospita profughi. E anche in quel caso la rabbia xenofoba si era manifestata con insulti su Facebook e il danneggiamento di alcune biciclette appartenenti a degli immigrati. A Maglie ancora una volta il messaggio lanciato è stato fin troppo chiaro. "Arbeit macht frei" era infatti scritto all'ingresso di alcuni campi di sterminio del regime nazista, compreso quello di Auschwitz. Le indagini finalizzate a identificare gli autori della scritta sul centro di accoglienza della cittadina salentina sono state affidate ai carabinieri, che hanno effettuato un sopralluogo nel centro di accoglienza.

CGIL: "Quella scritta è un insulto alla nostra storia"

Valentina Fragassi, segretaria generale della CGIL salentina, ha commentato: "La scritta è un'offesa alla storia ed all'identità del nostro Paese. La Cgil "è da sempre un sindacato antifascista e condanna qualsiasi espressione che inneggi, ricordi o che semplicemente si riferisca a una pagina tragica della libertà e dei diritti dei cittadini italiani ed europei". Quella frase "evoca un periodo della storia in cui dietro alla parola ‘lavoro' si nascondevano progetti di annientamento psicologico, fisico e morale di un popolo. Una connotazione beffarda e minacciosa che riecheggia nella scritta degli sconsiderati che hanno lasciato il graffito a Maglie: anche qui il ‘lavoro' sembra sventolato – sotto gli occhi di persone che lasciano le proprie case, la propria famiglia e la propria nazione – come fosse un miraggio di libertà e non effettivo strumento di emancipazione dell'uomo".

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