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La storia di Antonietta Longo, uccisa e decapitata dall’uomo che sognava di sposare

Antonietta lavorava come cameriera per una famiglia romana. Nel giugno del ’55 scrisse ai suoi che si sarebbe sposata con un misterioso uomo di cui era perdutamente innamorata. Poche settimane dopo, il 5 luglio, fu trovata orrendamente uccisa e con la testa decapitata sulle rive del lago di Castelgandolfo. Il killer della ‘decapitata di Castelgandolfo’, dopo tutti questi anni non ha ancora un volto.
A cura di Angela Marino
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Gli anni Cinquanta del Novecento sono gli anni del cambiamento. Nel 1955 negli Stati Uniti l'afroamericana Rosa Parks rifiuta per la prima volta di cedere il posto sull'autobus a un uomo bianco. L'attore James Dean muore a 24 anni in un drammatico incidente automobilistico. Ruth Ellis è l'ultima donna a morire impiccata nel Regno Unito. La televisione italiana trasmette la prima puntata di Lascia o raddoppia, un cult dei successivi 4 anni. Sono gli anni della ripresa economica, della ‘dolce vita', del cinema neorealista di Pasolini. In un'Italia che sognava, a pochi giorni dall'inizio dell'estate, una giovane domestica siciliana, Antonietta Longo, scriveva al paese annunciando di aver trovato l'uomo della sua vita. "Spero di darvi la gioia di un nipotino", prometteva alle sorelle.

La storia di Antonietta Longo

Mascaluca piccolo centro alle pendici dell'Etna, era rimasta orfana alla tenera età di 3 anni ed era cresciuta in un convento con le sorelle. Da adulta aveva provveduto a mantenersi da sola lavorando prima a Camerino e poi, come cameriera, presso i coniugi Gasparri, a Roma. Lasciare la famiglia e il paese natale le era costato, ma Antonietta voleva guadagnarsi da vivere onestamente in attesa dell'uomo che l'avrebbe sposata. Finalmente, nell'estate del '55, quel momento era arrivato. Aveva chiesto le ferie al dottor Gasparri, prelevato tutti i risparmi dalla banca e deposito alla stazione Termini un paio di bagagli con un corredo nuziale, in attesa dell'imminente ritorno in Sicilia.

La scoperta del corpo

Il 10 luglio, l'estate romana asfissiante e afosa, portò il meccanico Antonio Solazzi e il sagrestano Luigi Barbon sul lago di Castelgandolfo per una gita rinfrescante. Quando si accostarono alla riva per riposarsi, notarono qualcosa di bianco tra i cespugli. Passo dopo passo, avvicinandosi, realizzarono che quella macchia chiara aveva le sembianze di un corpo femminile. Nudo e semicoperto da alcuni giornali – recanti la data del 5 luglio – quel corpo stava ripiegato tra i cespugli, con le gambe rialzate. Sollevando i fogli stampati gli uomini si accorsero con orrore che il corpo era senza testa. Il collo, che aveva subito un feroce taglio, era leggermente rivolto verso il lago, sui fianchi e sul ventre numerose tracce di fendenti.

La scena

I fogli di giornale aiutarono a datare quello scempio al 5 luglio, ma sull'identità della vittima la polizia romana brancolava nel buio. Unico indizio l'età, stimata intorno ai 25 anni, e l'unico accessorio trovato su quel corpo martirizzato: un orologino di marca Zeus fermo alle ore 15 e 37. Mentre i giornalisti snocciolavano le ricostruzioni più fantasiose su quella che chiameranno (poco rispettosamente) la ‘decapitata di Castelgandolfo' i poliziotti battevano tutte le gioiellerie che a Roma hanno venduto un orologio di quella marca. Furono fortunati, perché ne erano stati commercializzati solo 150 esemplari, e solo uno era stato venduto a una giovane che, effettivamente, risultava scomparsa. Si trattava di cameriera siciliana di cui i datori di lavoro avevano denunciato la scomparsa giorni prima: il suo nome era Antonietta Longo.

Il corpo mutilato: asportate le ovaie

Sul tavolo del patologo quel corpo sfigurato fornì preziosi indizi per identificare il macellaio autore di quello massacro. Prima di essere decapitata, Antonietta era stata accoltellata al ventre, all'addome e alla schiena. Il taglio della testa, che non venne trovata neanche nel lago, era avvenuto in un secondo momento, post mortem. Il particolare che allontanò qualsiasi pista esoterica suggerita dalla mutilazione era il fatto che alla ragazza fossero state asportate le ovaie mentre era ancora in vita. L'esito di un aborto, probabilmente. E se il movente fosse stato proprio la gravidanza? Il nipotino che la ragazza aveva teneramente annunciato alle sorelle?

La lettera anonima

La scomparsa delle 213.120 lire che, da gran lavoratrice, Antonietta aveva faticosamente messo da parte, facevano pensare che la ragazza potesse essere rimasta vittima di un truffatore che le avesse fatto credere di volerla sposare per poi derubarla e ucciderla, avendo scoperto una gravidanza. Le indagini, però, si esaurirono lentamente senza risultati e la memoria della ‘decapitata' si sbiadì sempre di più, fin quando, nel 1971, a casa del dottor Gasparri arrivò una lettera anonima. Qualcuno aveva sentito il bisogno di contattare l'ex datore di lavoro della giovane per raccontargli che Antonietta sarebbe morta accidentalmente durante un aborto e successivamente sarebbe stata trasportata in riva al lago, e poi decapitata. Un'altra lettera anonima, più precisa, arriva al procuratore generale della Corte d'appello di Roma.

La decapitata di Catelgandolfo

Qualcuno racconta che la Longo sarebbe morta per emorragia sopravvenuta nel corso di un aborto al quale era stata costretta dal suo fidanzato, Antonio. L'uomo viene descritto come un pilota delle linee aeree civili a capo di una attività di contrabbando. Un uomo sposato che Antonietta avrebbe minacciato di smascherare. Per questo, spiega la lettera, l'assassino avrebbe infierito sul ventre, per cancellare le tracce dell'aborto. Antonio fu trovato e la sua posizione esaminata ma nonostante i tanti indizi la sua colpevolezza non fu mai provata.

Il caso venne archiviato e la storia di Antonietta, morta decapitata per amore, si è fissata nelle cronache di racconti delle morti del lago di Castelgandolfo.

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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