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Anche Rosatellum: perché le leggi elettorali hanno nomi latini

Mattarellum, Porcellum, Consultellum, Italicum, Rosatellum. Un quadro sintetico di come nascono i loro nomi.
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A cura di Giorgio Moretti
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La lingua ci tocca

Ormai sono più di vent'anni che alle leggi elettorali vengono dati dei soprannomi che paiono latini, nel gergo politico e giornalistico. Alcuni sono costruiti in maniera pensata e coerente, altri non proprio. Diciamo che l'invenzione di questi nomi è piuttosto arbitraria, ma ci sono almeno un paio di tendenze che possiamo notare.

Il primo a essere coniato, nel 1993, è stato Mattarellum, dal nome di Sergio Mattarella, oggi Presidente della Repubblica, che ai tempi fu relatore di questa legge. Il soprannome fu inventato dal politologo Giovanni Sartori, proprio a marcare la paternità della legge elettorale. Si tratta di una disinvolta latinizzazione del cognome di Mattarella, a cui viene aggiunta la desinenza "-um". Avrebbe potuto essere un caso unico, visto che non c'erano precedenti.

Ma piacque. E quando nel 2005 fu promulgata una nuova legge elettorale, la legge Calderoli, sempre Sartori la battezzò con un nuovo soprannome: Porcellum. Qui la logica del battesimo cambia: non richiama più il padre della legge, ma il fatto che proprio Calderoli l'avesse definita una "porcata". Sartori però non sceglie di chiamarla Porcum: presumibilmente, un po' per richiamare la sua precedente invenzione, un po' per ingentilire e rendere più buffa l'immagine del nome, affibbia il suffisso latino "-ellum", che caratterizza il diminutivo (come il nostro "-ello"). Invece del "porco" o la "porcata" si richiama il "porcello". E anche questo nome ha avuto un successo straordinario.

Nel gennaio del 2015 la Corte Costituzionale investì il Porcellum con una pronuncia di incostituzionalità, e alcune parti caratteristiche di quella legge (come il famoso premio di maggioranza) furono eliminate. Nell'eliminare queste parti con la sua sentenza, la Corte Costituzionale ha fatto sì che comunque rimanesse una legge elettorale funzionante: è essenziale per la vita di uno Stato. Questa legge, il residuo costituzionalmente legittimo del Porcellum, fu chiamato Consultellum. Infatti la Corte Costituzionale è anche nota come "Consulta", dato che ha sede a Roma proprio nel Palazzo della Consulta (la Sacra Congregazione della Consulta è un ormai defunto organo della Curia). Ancora una volta il soprannome pseudolatino nasce dal nome dell'autore della legge elettorale, come col Mattarellum. Stavolta Sartori non c'entra niente, ma si sceglie ancora una volta il suffisso diminutivo "-ellum", anche se qui non ha altra funzione oltre a dare continuità con Mattarellum e Porcellum.

L'Italicum giunge sul cavallo bianco a maggio, a risolvere l'imbarazzante situazione. Non ha successo. Il fallimento del referendum e l'ischemia di una nuova pronunica di incostituzionalità della Corte Costituzionale lo stroncano prima di poter esser messo alla prova. Ma come latinismo era gagliardo. Qui la logica cambia ancora: non l'autore della legge, non una qualità della legge, ma una sua vocazione, una vocazione di unione. Che sia la legge elettorale italiana. Inoltre qui non troviamo il diminutivo "-ellum", ci mancherebbe: è un nome d'autore, inventato dai suoi stessi promotori, non da giornalisti neutrali. La continuità è data dall'essere un latinismo, ed evidentemente non si vuole sminuire il nome con un diminutivo.

E veniamo ai nostri giorni, anzi alle nostre ore. Il Rosatellum, che pare aver chiuso una stagione di grande instabilità delle leggi elettorali. Il suo nome è una sintesi e un'affermazione delle tendenze che si sono mostrate più ricorrenti in questa breve serie: prende il nome dall'autore, come il Mattarellum e il Consultellum: in questo caso, Ettore Rosato. E la moda del suffisso latino continua: termina in "-ellum", come Mattarellum, Porcellum e Consultellum. E come Consultellum, ha poco senso che termini così, che diavolo c'entra il diminutivo non si sa, serve solo per continuità. Anzi, dare a una delle leggi più importanti dello Stato un nomignolo alterato in diminutivo (per quanto nobilitato dal latino) forse non è così appropriato.

Nota finale di stile: si è parlato di Rosatellum 2.0, visto che la stesura della legge non è stata una sola. Mettere il 2.0, il 3.0 a questioni che non riguardano versioni di software è da vecchi che vogliono sembrare all'avanguardia, e per i giovani è imbarazzante. È come sentire proprio padre dire "Bella, raga, ci sto troppo dentro". Da brividi. Meglio Rosatellum bis.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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