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Strage alla Love Parade: Giulia e altri 20 ragazzi morti, ma nessun colpevole

Il 24 luglio ricorre il sesto anniversario della strage di Duisburg, dove durante la manifestazione Love Parade morirono 21 ragazzi calpestati dalla calca, tra cui l’italiana Giulia Minola. A distanza di sei anni, nessun processo è stato celebrato e il tribunale di Dusseldorf ha deciso di archiviare il procedimento per mancanza di prove.
A cura di Charlotte Matteini
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Giulia Minola
Giulia Minola

Chiede solo giustizia, Nadia Zanacchi. Il 24 luglio di sei anni fa Giulia Minola, sua figlia, morì alla Love Parade di Duisburg, calpestata da una folla che in preda al terrore stava cercando riparo verso l'esterno, fuori dalla struttura in cui si stava svolgendo il tradizionale ritrovo dedicato alla musica techno ed elettronica. Un momento di panico collettivo, apparentemente scattato senza motivi fondati, probabilmente solamente frutto dell'eccessiva calca di persone ritrovatesi ammassate in uno spazio troppo stretto per contenerle, scattato intorno alle 17: decine di migliaia di ragazzi pigiati nell'unico tunnel che doveva permettere sia l'ingresso che l'uscita dei partecipanti alla Love Parade, senza alcuna via di fuga laterale: un tunnel lungo 200 metri e largo 20 che avrebbe dovuto condurre i partecipanti nel luogo prescelto dall'organizzazione per il grande concerto finale. Oltre un milione di persone si erano riversate in un luogo che al massimo avrebbe potuto contenerne 250.000, secondo l'Accusa.

Trovò la morte così, Giulia, sotto gli occhi dell'amica e coinquilina torinese Irina Di Vincenzo con cui aveva deciso di andare alla Love Duisburg. Sono passati sei anni dalla morte di Giulia e ancora alcun processo è stato celebrato dal tribunale titolare del caso perché, come ha chiarito lo stesso foro tedesco, non sarebbero state trovate prove sufficienti a permettere di rinviare a giudizio le dieci persone che sono state indagate. Nessun colpevole per il disastro di Duisburg, per la giustizia tedesca non è possibile avviare un processo per cercare di trovare i responsabili della strage in cui il 24 luglio 2010 morirono 21 persone e ne rimasero ferite diverse centinaia.

Il tribunale ha archiviato il caso, ma parti civili e Procura hanno fatto ricorso

"Il tribunale di primo grado ha detto che non si poteva procedere con gli elementi che avevano in mano, adesso la palla è passata alla Corte d'Appello che dovrà decidere se ciò che sostiene il tribunale è corretto, oppure se ci sono gli elementi per poter celebrare il processo", spiega la signora Zanacchi ai microfoni di Fanpage.it. La decisione del tribunale di primo grado non è stata appellata solo delle parti civili, ma anche dalla stessa Procura di Duisburg, che ha fatto ricorso sostenendo che gli elementi probatori in possesso degli inquirenti fossero sufficienti per poter rinviare a giudizio gli indagati. Si attende ora, quindi, la decisione della Corte d'Appello della Renania Settentrionale-Vestfalia, per capire se – finalmente – questo processo potrà effettivamente essere celebrato oppure no. A questo scopo, una nuova perizia realizzata dal professor Jürgen Gerlach, che dovrà individuare gli eventuali errori e le responsabilità attribuibili ai 10 indagati, andando a sopperire alle carenze rilevate nel lavoro del perito Keith Still, che all'epoca fu ritenuto "inconsistente" dagli inquirenti titolari del procedimento.

"I vertici e i politici che sponsorizzarono l'evento sostenendo potesse rilanciare l'immagine della città di Duisburg, per esempio, non sono nemmeno stati toccati dall'indagine, perché secondo la legge tedesca si può essere considerati penalmente responsabili solo se sussiste una corrispondenza diretta tra causa-effetto", prosegue la signora Zanacchi.

La mamma di Giulia ha lanciato una petizione e raccolto oltre 360mila firme

Nadia Zanacchi, però, non si è mai arresa e in tutti questi anni ha cercato di combattere affinché la propria figlia potesse finalmente trovare giustizia e che un tribunale trovasse i responsabili della strage. Quando ad aprile 2016 la Corte di Duisburg ha comunicato, o meglio quando Nadia ha appreso la notizia dell'archiviazione dai genitori tedeschi di un'altra delle vittime della Love Parade, i parenti dei venti ragazzi morti sotto la calca del 24 luglio 2010 non si sono arresi. Nadia Zanacchi in primis, nonostante fosse "delusa, arrabbiata e schifata" dalla reazione della Germania, ha subito lanciato una petizione sul portale Change.org chiedendo direttamente al Tribunale di tornare sui propri passi e di rivedere la decisione relativa "all'archiviazione" del caso. Sono state raccolte oltre 360mila firme che ieri sono state consegnate al tribunale di Duisburg.

Giulia stava andando ad ascoltare un concerto, la LoveParade a Duisburg, e non è più tornata. Non tornerà mai più, e come lei tanti ragazzi che non si conoscevano ma che ad un certo punto della loro vita, troppo breve, si sono trovati a Duisburg il 24 luglio del 2010 spinti dalla voglia di essere presenti, di partecipare. Da lì non torneranno più. Perché?

Insieme a Gabi Müller in Germania e agli altri genitori, ci stiamo mobilitando insieme per chiedere alla Corte d'Appello di Düsseldorf di continuare le indagini. Vogliamo giustizia, e consegneremo le firme raccolte con il vostro sostegno per farci ascoltare: vogliamo giustizia […]

Era stata promessa una Parata musicale, la stessa che in altri luoghi ha visto anche famiglie assistere. Ho visto il luogo. Uno scalo merci dismesso, fra edifici fatiscenti ed erbacce con le uscite di sicurezza chiuse, e per arrivarci un tunnel senza vie di fuga, senza la minima uscita di sicurezza, un luogo buio e stretto, soffocante rigurgitante di gente che non poteva muoversi, sicuramente presa dal panico […]

"Chi decise di ignorare i pareri negativi dei Vigili del Fuoco?"

Nella petizione Nadia parla anche delle molteplici carenze organizzative rilevate nel corso degli anni e che avrebbero contribuito a causare la tragedia: la scelta di un posto "pericoloso, inadatto, una trappola", lo descrive Nadia, chiedendo inoltre per quale motivo all'epoca furono ignorati i pareri negativi del capo dei vigili del fuoco e da chi furono ignorati. "Quando è scoppiato l’inferno mi trovavo tra un tunnel e l’altro. Tutti pensavano che al di fuori del secondo tunnel ci sarebbe stata una via di fuga. Invece una scala che si trovava sopra e che avrebbe potuto essere utile per il deflusso della folla era bloccata dagli agenti. Io ho perso i sensi per un attimo, ma poi sono stata trascinata fuori dal tunnel dalla corrente di gente, che grazie a Dio mi ha portata in salvo. Mi sono alzata e ho raggiunto le ambulanze, che si trovavano abbastanza distanti insieme alla polizia, colta alla sprovvista e non sapeva quali potessero essere le vie di fuga. Ci siamo aiutati tra noi", raccontò l'amica di Giulia, Irina Di Vincenzo, durante una conferenza stampa rilasciata poco dopo la tragedia di Duisburg. "Ho raccontato tutto alla polizia tedesca, ma la metà delle cose che ho detto non è stata scritta", dichiarò inoltro Irina, aggiungendo che firmò comunque il verbale sottoposto dalle Forze dell'Ordine perché nonostante le mancanze, conteneva affermazioni veritiere.

Nel giro di poche settimane, la petizione lanciata dalla mamma di Giulia ha raccolto oltre 350mila firme e lunedì la richiesta verrà depositata direttamente in Germania, con la speranza che la mobilitazione popolare possa in qualche modo far cambiare idea ai giudici tedeschi.

Giulia, uno spirito libero che amava la moda

Giulia Minola morì a 21 anni il 24 luglio del 2010. Bresciana, si era trasferita a Milano, dove condivideva la casa con la sua amica torinese Irina Di Vincenzo, per studiare moda e design al Politecnico. Di lei le amiche raccontano che era una ragazza appassionata di moda e amava frequentare grandi manifestazioni musicali organizzate in giro per l'Italia e per l'Europa, proprio come la Love Parade di Duisburg o il tradizionale concertone del Primo Maggio organizzato ogni anno in Piazza San Giovanni a Roma. Giulia si descriveva sul proprio profilo Myspace come una ragazza "troppo strana per vivere, troppo rara per morire. "Too weird to live, too rare to die", una famosa citazione del film "Paura e delirio a Las Vegas". Giulia quel 24 luglio del 2010 si trovava a Duisburg per partecipare alla Love Parade, famoso festival techno, la prima tappa del viaggio in giro per l'Europa che aveva organizzato con l'amica e coinquilina Irina e che avrebbe dovuto durare una settimana. Irina quel giorno scampò alla morte e scoprì della morte dell'amica solamente successivamente, in ospedale. Perse improvvisamente nella calca, le due amiche non si sono mai più ritrovate.

Elmar, Eike, Kathinka e le altre 18 vittime del Love Parade

In tutto, quel 24 luglio 2010 morirono 21 persone: quattordici tedeschi, due spagnoli, un olandese, un australiano, un cinese, un bosniaco e l'italiana Giulia. Nata nel 1989 a Berlino e replicata per oltre vent'anni nelle principali città di tutto il mondo, tra cui Tel Aviv, Città del Messico, Acapulco, Vienna, Città del Capo, San Francisco, Leeds, Sydney e Santiago del Cile, nel 2010 gli organizzatori della Love Parade hanno dichiarato che l'evento non avrebbe mai più avuto luogo. 

Elmar Laubenheimer, 38 anni, era un avvocato di Düsseldorf che amava la techno e l'house music.  Eik, invece, era un giovane tedesco di 21 anni, morto schiacciato dalla calca mentre partecipava alla Love Parade, sotto gli occhi degli amici. Kathinka Tairi, 20 anni, veniva da Stadecken-Elsheim, si era appena diplomata e stava per iniziare un apprendistato, esattamente come il 25enne Christian Müller.

Svenja, 22 anni, era invece un giovane studente di legge e dipendente di McDonald. Si trovava a Duisburg in vacanza, quel 24 luglio. Mary Anjelina Sablatnig, 19 anni, aveva tanti sogni e un posto da apprendista fornaia. Anche lei è morta schiacciata dalla folla in preda al panico. Anna, 25 anni, originaria di Essen, ha lasciato un figlio di 4 anni. Non era una fan della techno, raccontarono gli amici, era andata a Duisburg con alcuni amici perché desiderava partecipare a un grande rave party come la Love Parade, per provare.

L'australiano Clancie Ridley aveva 27 anni e veniva da Sydney. Aveva appena iniziato una avventura europea di tre mesi e aveva in mente di restarvi per almeno due anni. Per fare questo viaggio aveva lasciato il suo lavoro. Clara Zapater e Marta Acosta, entrambe 22 anni, avevano vissuto qualche mese di Erasmus in Germania. La Love Parade avrebbe dovuto essere la loro festa di addio, prima del ritorno in patria.

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