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Segnali di miglioramento per il credito in Italia

Primi segnali di miglioramento per il settore creditizio italiano emergono dal rapporto mensile dell’Abi, con tassi ancora più ridotti e qualche prestito in più per le imprese e la pubblica amministrazione. Ma crescono ancora le sofferenze lorde e nette…
A cura di Luca Spoldi
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Primi incerti segnali di ripresa del settore creditizio italiano. Nel consueto montlhy outlook relativo a fine settembre l’Abi ha oggi segnalato come i prestiti per famiglie e imprese abbiano registrato una sostanziale stabilità (-0,2% su base annua oltre che mensile), mentre la variazione annua dei prestiti totali all’economia (dato che comprende anche i prestiti alla pubblica amministrazione) è seppure di poco risultata positiva (+0,3%), il che significa che le banche stanno lentamente tornando a prestare, ma principalmente prestano a enti pubblici più che ad aziende o consumatori.

Nei primi otto mesi dell’anno i finanziamenti alle imprese hanno tuttavia segnato un incremento del 15,9% rispetto allo stesso periodo del 2014 mentre i mutui per l’acquisto di un immobile mostrano una variazione positiva dell’86,1% sempre rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (con le surroghe che hanno inciso per circa il 29%). Tra i dati negativi segnalati dall’Abi la crescita delle sofferenze lorde, a fine agosto arrivate a quasi 198,5 miliardi (dai 197,1 di fin luglio) e pari al 10,4% degli impieghi (al 17,3% per i piccoli operatori economici), un dato sostanzialmente allineato con quelli stimati dal Fondo monetario internazionale secondo cui su circa 900 miliardi di euro di sofferenze lorde nei bilanci delle principali banche mondiali, ben 200 miliardi erano appannaggio dei soli istituti italiani. In crescita anche le sofferenze nette, passate da 84,8 miliardi a fine luglio a 85,9 miliardi a fine agosto.

In ogni caso, dalla fine del 2007 (prima dell’inizio della crisi finanziaria mondiale) ad oggi i prestiti all’economia sono passati da 1.673 a 1.825 miliardi di euro (+9,08%), quelli a famiglie e imprese da 1.279 a 1.414 miliardi (+10,55%), rimanendo pari a 1,085 volte il totale della raccolta bancaria, pari a fine settembre a 1681,3 miliardi. Si noti che proprio in settembre la Bce ha concluso la maggior parte delle analisi previste per quest’anno nell’ambito dello Srep (Supervisory review and evaluation process) che ha coinvolto 123 istituti europei, approvando una prima bozza di requisiti patrimoniali che sono poi stati girati agli istituiti europei coinvolti in questa tornata di test e che ora gli istituti avranno tempo da qui a metà del prossimo anno per adeguarsi alle richieste della Bce.

Non è dunque un caso che proprio oggi su Unicredit (che secondo le prime indiscrezioni circolate sarebbe con Ubi Banca, Bpm, Bper, Banco Popolare, Mediobanca Popolare di Sondrio e Iccrea in classe 3, quella a medio rischio, mentre Intesa Sanpaolo sarebbe in classe due, basso rischio, e Banca Carige, Mps, Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca, che ha già annunciato per il prossimo anno un aumento da 1 miliardo di euro e lo sbarco in borsa, sarebbero in classe 4, rischio elevato) siano circolate voci di una possibile cessione di attività in Austria (la controllata Commercial Bank of Austria) al Bawag Psk, istituto austriaco controllato da alcuni fondi di private equity che in cambio sarebbe pronto a versare nelle casse dell’istituto guidato da Federico Ghizzoni attorno agli 800 milioni di euro.

Il quadro del settore bancario italiano resta dunque in chiaroscuro, anche se i passi in avanti rispetto anche solo a inizio anno sono innegabili. Tra gli elementi positivi, per la clientela bancaria, un nuovo calo dei livelli medi di tassi d’interesse, reso possibile dall’azione distensiva messa in atto dalla Bce sia nei confronti dei titoli di stato (tramite il programma di acquisto di bond sul mercato da almeno 1.100 miliardi di euro) sia nei confronti della banche stesse (con le ripetute operazioni TLTRO, che hanno consentito alle banche europee, ed in particolare a quelle italiane, un rifinanziamento a lunga scadenza, sia pure condizionato, a costo pressoché nullo).

Il tasso medio sul totale dei prestiti secondo quanto riferisce l’Abi a fine settembre era pari al 3,34%, nuovo minimo storico (era pari al 3,37% il mese precedente, al 6,18% a fine 2007). Per i mutui il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni si è attestato al 2,66% (2,81% il mese precedente, 5,72% a fine 2007); sul totale delle nuove erogazioni di mutui circa i due terzi sono mutui a tasso fisso. Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è invece risalito al 2,05%, dall’1,95% del mese precedente (ma era pari al 5,48% a fine 2007).

L’altra faccia della medaglia è che la liquidità continua a non rendere praticamente nulla: il tasso medio su conti correnti, depositi a risparmio e certificati di deposito si è attestato allo 0,55%, quello sui pronti contro termine allo 0,96%. Lo spread tra il tasso medio sui prestiti e quello medio sulla raccolta a famiglie e società non finanziarie a fine settembre è risultato pari al 2,09% contro il 2,11% del mese precedente: prima dell’inizio della crisi finanziaria lo spread era arrivato al 3,29%.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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