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Natuzzi “sfida” i giudici: per ogni operaio reintegrato ci sarà un licenziamento

Torna la paura alla Natuzzi, azienda che produce divani in Puglia: il giudice ha reintegrato tre lavoratori e il gruppo ha fatto sapere che per ogni reintegro verrà licenziato un altro dipendente.
A cura di Susanna Picone
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Nei giorni scorsi il tribunale di Bari ha emesso le prime sentenze in favore dei ricorsi presentati da tre ex dipendenti licenziati da Natuzzi, azienda di Santeramo in Colle che produce divani in Puglia. La vicenda ha origine a ottobre scorso, quando l’azienda ha presentato 355 esuberi. Di questi 176 hanno deciso di imboccare la via dei ricorsi e ora per tre sono arrivate sentenze a favore. Natuzzi dovrà quindi reintegrare i tre lavoratori, pagando gli stipendi e i contributi arretrati. A preoccupare però sono i restanti 173 ricorsi presentati da altrettanti dipendenti licenziati e in attesa delle sentenze. A questo punto l’azienda ha comunicato la sua decisione: “Natuzzi – così in una nota dell'azienda – ha preso atto con pieno rispetto della sentenza del giudice e darà seguito a quanto deciso: il prossimo 3 luglio i tre lavoratori reintegrati verranno collocati in formazione e successivamente al reintegro”. Allo stesso tempo il gruppo ha fatto sapere di non poter rispettare il contratto di programma e di garantire il prosieguo degli investimenti previsti dal piano industriale sui quattro stabilimenti in Puglia e Basilicata e inoltre ha fatto sapere che, quando il quadro dei reintegri sarà definito, dovrà provvedere “al licenziamento, secondo i criteri di legge, di altrettanti lavoratori attualmente in organico”.

La replica dei sindacati – “Non stiamo sfidando i giudici — ha detto Antonio Cavallera, responsabile Risorse umane del gruppo Natuzzi — anzi stiamo dando seguito all’ordinanza del Tribunale. La decisione aziendale obbedisce unicamente alla logica del buon padre di famiglia, essendo insostenibile dal punto di vista economico e industriale l’inserimento di ulteriori lavoratori nell’organico definito dal piano industriale di 1.918 persone”. Per i sindacati Feneal, Filca e Fillea, “tutto questo è inaccettabile”. “Comprendiamo – hanno comunicato – che tali sentenze rappresenteranno un ingente costo economico ma, dal nostro punto di vista, usarle come pretesto per ritirare gli investimenti ed il piano industriale non è concepibile. Abbandonare il piano industriale e gli investimenti significa tornare indietro di 10 anni, mettere nuovamente a rischio 1300 posti di lavoro e vanificare tutti gli sforzi compiuti, in primis dai lavoratori”.

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