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Lo shopping francese in Italia proseguirà con Eni?

L’Italia rischia di diventare una colonia economica francese? Dopo il blitz di Vivendi su Mediaset, anche Eni sarebbe stato messo nel mirino da un colosso transalpino, Total…
A cura di Luca Spoldi
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La campagna d’Italia delle aziende francesi è in pieno svolgimento e secondo alcuni potrebbe concludersi solo quando Piazza Affari sarà diventata una “provincia” transalpina. Dopo il passaggio di Telecom Italia nell’orbita di Vivendi, dopo la cessione di Pioneer Asset Management da Unicredit ad Amundi (asset manager che fa capo al Credit Agricole), dopo l’assalto, per ora riuscito, ancora di Vivendi a Mediaset, dopo le più volte ventilate (per quanto smentite) ipotesi di un matrimonio Axa-Generali, sotto i riflettori potrebbe finire a breve il gruppo Eni.

Il colosso petrolifero italiano farebbe infatti gola a Total, un gigante che capitalizza in borsa quasi 122 miliardi di euro e che negli ultimi 12 mesi ha visto le quotazioni salire del 21,5%. Il cane a sei zampe, per contro, capitalizza meno di 55 miliardi e nell’ultimo anno ha visto le quotazioni salire del 16,3% (solo in quest’ultima settimana ha recuperato oltre il 5%), perdendo dunque ulteriore terreno.

Ad impedire un “blitz”, ammesso e non concesso che Total sia intenzionato a lanciarlo, è il fatto che, attraverso Cassa depositi e prestiti (socia al 26,369%) il Tesoro (che conserva una residua partecipazione diretta del 3,934%) controlla il 30,303% del capitale de è quindi in grado di neutralizzare rapidamente ogni scalata ostile.

Resta naturalmente possibile la strada di un accordo amichevole, che però appare ugualmente molto difficile da ipotizzare al momento attuale anche se Total disponesse (come sembra) del sostegno del governo francese, se non altro perché le polemiche seguite al blitz di Vincent Bolloré su Mediaset sono ancora alte, anche se l’intervento francese ha fatto un piacere sia ai Berlusconi (che negli ultimi mesi non avevano certo alzato barricate, anzi avevano leggermente ridotto la propria presa sulla società) sia ai piccoli azionisti, che nell’ultima settimana hanno visto le quotazioni del titolo risalire del 33,68%.

Allora, poiché il gruppo guidato da Claudio Descalzi negli ultimi anni ha messo a segno buoni colpi nel campo dell’esplorazione, scoprendo importanti giacimenti in Egitto, Norvegia e Mozambico, viene il sospetto che l’oggetto del desiderio di Total possa essere non tanto il controllo del gruppo italiano, quanto riuscire a mettere le mani su alcune delle concessioni più interessanti.

Del resto negli ultimi mesi lo stesso Descalzi ha già venduto un 10% della concessione di Shorouk, in Egitto, agli inglesi di BP e un altro 30% ai russi di Rosfneft. L’Africa in particolare sembra la “terra promessa” del settore petrolifero per il prossimo futuro, con Eni, Eni, Exxon Mobil, Royal Dutch Shell e proprio Total si sono spartite le concessioni più appetitose. Sullo sfondo resta il nodo, irrisolto, della Libia, dove Eni è presente dal 1959 con cinque concessioni di cui il cane a sei zampe è proprietario del 50%.

La guerra del 2011, fortemente voluta dalla Francia oltre che dagli Usa, ha fatto perdere almeno 5 miliardi di commesse alle aziende italiane e messo a rischio la produzione dell’Eni, la “significativa” scoperta di gas e condensati nell’offshore libico del maggio scorso potrebbe contribuire a tornare ai livelli pre-2011 entro la fine del 2018. Prima di allora Total avrà trovato un accordo amichevole con Eni per mettere le mani su qualche asset del cane a sei zampe?

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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