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Lo scandalo dieselgate si allarga ancora, coinvolti anche Daimler e Mistubishi

Mentre Volkswagen raddoppia gli accantonamenti per coprire i costi legati al “dieselgate” lo scandalo delle emissioni truccate rischia di allargarsi ulteriormente, coinvolgendo Daimler, Mitsubishi Motors e forse Peugeot…
A cura di Luca Spoldi
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Scandalo dieselgate, parte seconda: ieri sera il gruppo tedesco Daimler, proprietario del marchio Mercedes, ha annunciato in una nota di aver avviato un’indagine interna relativa ai gas esausti in uscita dai motori diesel che equipaggiano alcuni modelli di autovettura commercializzati in Nord America, ottemperando così ad una precisa richiesta giunta dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, a conferma del fatto che le autorità americane continuano a tenere alta la guardia sui possibili ulteriori episodi di alterazione dei risultati dei test anti inquinamento, dopo aver già “pizzicato” nei mesi scorso il gruppo Volkswagen.

Neanche il tempo di digerire la notizia che la francese Peugeot ha a sua volta fatto sapere che alcuni ispettori di un ente statale di contrasto alle frodi si sono presentati presso il suo quartier generale per ottenere materiale e documenti sempre sui gas di scarico, sequestrando, pare, anche alcuni computer e archivi informatici. In una nota il gruppo francese ha sottolineato che le sue vetture rispettano le normative anti inquinamento in tutti i paesi in cui sono commercializzate. Anche in questo caso siamo di fronte a un “bis”, visto che a gennaio era stata Renault ad essere oggetto di una perquisizione sempre da parte delle autorità francesi.

Siccome non c’è due senza tre, la giapponese Mitsubishi Motors ha dovuto a sua volta ammettere di aver dichiarato dati non corretti relativi al consumo di 625.000 automobili, le cui emissioni inquinanti sarebbero più alte fino al 10% rispetto ai valori comunicati finora. Il caso rischia tuttavia di allargarsi, tanto che la stampa giapponese sostiene che metodi di rilevazione di consumi ed emissioni inquinanti utilizzati dal gruppo violano la legge fin dal 2002 e pertanto il numero di vetture coinvolte è destinato verosimilmente ad aumentare. In questo caso tutto sarebbe nato da errori di progettazione che hanno portato i tecnici della casa giapponese a sottovalutare l’impatto sui consumi della resistenza all’avanzamento e dei pneumatici.

Emersi valori più rilevanti le previsto sarebbe nata la “necessità di taroccare i test per evitare gli elevati costi legati a procedure di richiamo delle vetture coinvolte. Cosa potrebbe esserci di peggio per il settore? Ben poco, ma per fugare ogni dubbio sull’impatto che la vicenda rischia di avere a medio-lungo termine, proprio Volkswagen ha raddoppiato le previsioni sui costi che dovrà sostenere, alzando da 6,7 a 16,2 miliardi di euro il totale degli accantonamenti di bilancio per andare a coprire tali oneri straordinari. In questo modo, per inciso, il gruppo ha chiuso il 2015 con una perdita a livello di risultato operativo di 4,1 miliardi di euro, ovvero con 1,582 miliardi di euro di perdita netta, il primo rosso da 15 anni a questa parte.

Non solo: per l’anno in corso il gruppo tedesco prevede un ulteriore calo del 5% del risultato operativo a fronte di consegne stabili sui livelli dell’anno passato. Per il momento Volkswagen, che a fine dicembre scorso possedeva ancora 24,5 miliardi di euro di liquidità netta, continua a dirsi fiduciosa di un suo ritorno alla grande, dato che i marchi sono robusti e le ricerche mostrano che più forti sono i marchi, più è probabile che le vendite rimbalzino, anche a fronte di trasgressioni gravi come sostengono alcuni analisti del settore. Sarà, ma certo se lo scandalo dovesse allargarsi ulteriormente a essere messo in dubbio non sarebbe solo l’affidabilità di un singolo marchio o produttore, ma della stessa industria automobilistica mondiale. E qualcuno potrebbe iniziare a sudare freddo.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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