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È giunto il momento di ripensare l’immunità parlamentare

La discussione in Senato sull’autorizzazione di arresto del senatore Caridi (GAL) per le sue frequentazioni mafiosi dimostra per l’ennesima volta quanto dietro al garantismo si nascondano interessi convergenti alle mafie. Più o meno inconsapevolmente. E ci pone il tema di ripensare all’immunità parlamentare.
A cura di Giulio Cavalli
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Se aveste avuto modo di seguire il pomeriggio al Senato, contrassegnato dalla discussione sulla proposta della Giunta per le Immunità di accettare la richiesta di arresto per il senatore di GAL Antonio Stefano Caridi, avreste potuto vedere di che materia è composta la forza delle mafie in Italia. Senatori mafiosi? No, no, non è questo il punto. Non è questo che ci interessa. Sulla richiesta di arresto del senatore da parte della DDA di Reggio Calabria si scrive a chiare lettere di questa cosa nuova, un'interfaccia delle istituzioni a disposizione della ‘ndrangheta calabrese, che sarebbe il "passaggio superiore" della malavita organizzata.

Non più la mafia che s'infiltra nella politica ma (riprendendo una battuta tragica e comica di Paolo Rossi) la politica che s'infiltra nella mafia. Cosa c'entra la discussione tutta politica avvenuta oggi in Senato con una prospettiva così tanto giudiziaria è presto detto: dietro la difesa ad oltranza dell'immunità parlamentare (concepita dai padri costituenti per proteggere il Parlamento da nuovi fascismi) si innesta una retorica che, più o meno consapevolmente, è perfettamente convergente con gli interessi mafiosi. Una retorica che risulta liquida, fluida, morbida, potabile e seminascosta. La ‘ndrangheta insomma è più realista del re e sa bene che il venticello della delegittimazione (in questo caso contro Giuseppe Lombardo, sostituto della DDA di Reggio che ha coordinato l'indagine) attecchisce nella politica che urla alla persecuzione da parte delle toghe.

Giovanardi, ad esempio, ha sfoderato oggi tutto il suo peggiore giovanardismo per elencare casi di errori giudiziari (che sarebbero anche da verificare, conoscendo il personaggio) per chiedere che il Senato non desse l'autorizzazione all'arresto: per l'ennesima volta il Senato non si è limitato a valutare il fumus persecutionis ma è entrato in un merito che non gli compete. Fortunatamente il senatore Giovanardi, infatti, non è n'è un GIP e tantomeno un Giudice del Riesame: Giovanardi siede in Parlamento per valutare l'eventuale "disegno politico" che potrebbe spingere una Procura a fabbricare un castello di false accuse per arrestare un oppositore politico. E che qualcuno brighi così tanto per il misconosciuto senatore Caridi, sinceramente, sembra poco realistico, tra l'altro.

Per questo forse sarebbe il caso tra le altre cose di avere il coraggio di mettere in discussione l'immunità parlamentare: un dispositivo pensato per garantire la libertà di opinione e di parola (in un tempo in cui l'Italia rivedeva da poco la libertà) oggi è diventato uno stillicidio di patetici tentativi di sottrarsi alla giustizia. Forse chi ha pensato all'immunità ha previsto anche un'etica che questo Senato oggi ha dimostrato di non avere in alcuni suoi elementi. Una giornata come quella di oggi non è una bella pagina di storia. No. Pur augurando a Caridi di dimostrare davvero di essere innocente come dice.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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