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Covid 19

Come sconfiggere la paura del Coronavirus dei bambini: “Papone, se moriamo restiamo insieme?”

In una “normale” sera di quarantena al tempo del coronavirus, dopo aver raccontato una storia ai nostri piccolini e avergli rimboccato le coperte, succede che il mio bimbo mi chieda sussurrando: “Papone ma quando moriamo, restiamo insieme anche dopo che siamo morti?” E mi tornano prepotenti in mente le parole di Folco Orselli: la paura è vigliacca, se la fissi negli occhi, si scioglie.
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Ogni sera, al tempo del coronavirus, poco prima che la sera divenga notte, racconto una storia ai nostri piccolini e poi dopo avergli rimboccato le coperte, gesto antico che torna nella memoria di ognuno di noi, diamo un bacio alla piccolina piccola, che è sempre la prima a cedere al sonno, e poi al piccolino grande, dopo avergli suggerito cosa sognare. Che poi è semplicemente un’altra minuscola storia e un modo per restare ancora sveglio, ma anche un piccolo segreto soltanto nostro. Ieri sera però dopo aver detto per la centesima volta “io di più, perché ti voglio bene cento miliardi di milioni di miliardi” mi ha sussurrato piccolo, piccolo: “papone ma quando moriamo, restiamo insieme anche dopo che siamo morti?

Lo abbraccio e non rispondo subito perché le domande sull’aldilà mi lasciano sempre un po' spiazzato: io non credo o quantomeno non riesco a credere (anche se alle volte lo vorrei) ma allo stesso tempo non voglio condizionare un essere umano così piccolo con le mie idee. Quindi la prima cosa che, d’istinto, riesco a fare è dirgli “ehi tranquillo che qui non muore nessuno, fidati di papone” e poi però mi vien subito da domandargli: “Ma perché me lo chiedi cucciolo?” E lui: “Perché tutti parlano del virus cattivaccio e non capisco perché…” Lì per lì mi verrebbe da dargli "un cinquanta euro" e dirgli “dai vatti a bere una cosa e non pensarci più”, poi però mi ricordo che non ha l’età per uscire da solo e in ogni caso non potrebbe uscire comunque perché siamo in quarantena e anche se potesse i pub sono chiusi, quindi opto per la seconda opzione che è quella di prenderlo in braccio, stringerlo forte, portarlo dalla sua mamma (la mia ragazza) e dirgli, anzi dirci, che andrà tutto bene, che è soltanto un momento diverso dagli altri e prima o poi passerà, perché come diceva il Corvo, non può piovere per sempre.

Troppo spesso abbiamo dimenticato la caduca natura stessa del nostro essere e la coscienza, di continuo supplita dalle cose e dalla corsa a quelle stesse cose, s’è perduta. Troppo spesso abbiamo dimenticato quanto è necessario ricominciare da capo: raccontare nuove favole ai bambini in cui non esistono buoni e cattivi, ma soltanto bontà e cattiveria, perché i buoni e i cattivi non esistono. In questi giorni isolati siamo qui a preoccuparci e far la terribile, straziante conta di ogni caro, di ogni morto per il coronavirus e si continua nonostante tutto a lasciar morire gente in mare, sotto le bombe, lanciate sempre e comunque su chi è innocente: e in questo caso chi il è buono e chi è il cattivo? È necessario tornare ad avere attenzione sempre, a chi cade, al sole che nasce e che muore, attenzione anche ad una semplice luce all’imbrunire, a una bella favola, un racconto fatto stando insieme, ai vecchi, che quelle storie, meglio di altri e a volte soltanto loro, le sanno raccontare, perché non sono soltanto una percentuale su cui speculare. In questi giorni, ora più che mai, è necessario essere rivoluzionari, ed esserlo adesso vuol dire, finalmente, rallentare, ascoltare, "dare valore al silenzio, al buio, alla luce", togliere e non aggiungere. Alzarsi e resistere. Restando a casa (e presto torneremo ad uscire e molto presto arriveremo a dire che si stava meglio quando si stava con il coronavirus).

Alla fine, il nostro piccolino, è restato sveglio fino a tardi con noi sul divano: abbiamo bevuto una tazza calda di quelle cose tisaniche strane ma buonissime che solo la mia ragazza sa preparare e sui cui esprimo i miei più forti dubbi finché non le assaggio, e abbiamo giocato a “Indovina chi?”. Mentre giocavamo, piano piano, gli occhietti gli si chiudevano ma lui, nonostante tutto, continuava a lottare perché “è una serata speciale, hai visto? una serata da grandi!” E così abbiamo cacciato via la paura con un tocco di magia (la tisana), una storia, qualche risata e restando insieme. Perché, come dice sempre la mia ragazza ai nostri piccolini, “non c’è niente di più bello che stare insieme.”

Poi magari scoppierà l’apocalisse zombie e moriremo tutti, ma almeno ho scritto questo gran bel racconto prima della fine, perché dopotutto sarà una risata che ci seppellirà.

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