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Almerico Realfonzo racconta “Milano 1944”

È uscito, edito da Mimesis, l’ultimo lavoro di Almerico Realfonzo. Professore universitario, ingegnere ed autore di numerose pubblicazioni scientifiche, con “Milano 1944” Realfonzo si trasforma in narratore appassionato e storico rigoroso della propria esperienza partigiana: a settant’anni dal 25 aprile del ’45, grazie ad Almerico Realfonzo, si torna con nuovi occhi a guardare la Storia.
A cura di Federica D'Alfonso
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Il 12 giugno un treno arriva alla Stazione Centrale di Milano. Così si apre "Milano 1944", l'ultimo lavoro di Almerico Realfonzo pubblicato dalla casa editrice Mimesis. Come quel treno, il racconto di Realfonzo corre su due binari paralleli: quello dei ricordi del giovane che si rifugia a Milano allontanandosi da Domo, e quello, più lungo e tortuoso, della Storia. Nel giugno del '44 Realfonzo è un giovane che lascia l'avventura partigiana quando ancora non ha il tempo di comprenderla: un giovane che arriva a Milano rimpiangendo "la bella e inquieta avventura domese con la sua fragile storia d'amore", lasciando dietro di sé l'eco del rastrellamento della Valgrande e la lotta fra le aspre montagne piemontesi. Almerico Realfonzo è forse oggi uno dei più lucidi narratori degli anni della Resistenza e della lotta per la Liberazione. Con la pubblicazione di "Milano 1944" si completa una sorta di grande trilogia, nata a partire dal ricordo personale dell'uomo e del combattente: nel 2008 con "I giardini rosminiani" Realfonzo ricostruisce la resistenza in Val d'Ossola e la Liberazione di Milano, e nel 2013 arricchisce di un altro importante tassello la sua narrazione sempre a cavallo fra storicità e ricordo individuale con "I giorni della libertà", sulle Quattro Giornate di Napoli e i primi anni del dopoguerra.

Tutte queste esperienze, Realfonzo le vive sulla propria pelle ancora ragazzo: fugge da Napoli distrutta dai bombardamenti e arriva nella Domo antifascista, vive la follia della Repubblica sociale italiana e respira l'aria di resistenza che si fa sempre più intensa nella Valgrande. Appena diciassettenne, Realfonzo vede la storia dell'Italia perseguitata dalla furia nazista, e dopo settant'anni la racconta con un rigore storico e un'accuratezza di particolari che solo chi ha vissuto l'incertezza e la paura può conoscere e saper utilizzare.

L'intensità delle vicende familiari e personali non prevale mai sulla volontà di ricostruire la Storia: per sfuggire al rischio di un arruolamento nella Rsi, Realfonzo viene mandato a Milano da vecchi amici di famiglia. Qui vive praticamente recluso nell'appartamento in via Bronzetti, perché in quell'anno, nel 1944, a Milano i rischi sono ancora più pesanti che a Domo. La Milano del 1944 è la città di quel tragico 10 agosto a Piazzale Loreto e di quei quindici partigiani fucilati e gettati sui marciapiedi, è la Milano dei Gap ma anche della "Banda Koch" della Brigata Nera Muti.

La segregazione nella casa del signor Di G. è piena di noia e apprensione per un ragazzo che ancora ignora la portata storica delle notizie che ascolta dal vecchio radio-grammofono: l'attentato fallito ad Adolf Hitler, la bomba in viale Abruzzi contro il camion tedesco e la interminabile e folle spirale di rappresaglie che ne seguirono, fino a quel tragico 10 agosto in cui vennero fucilati "quindici ignari condannati, cui dovettero provvedere gli italiani per disposizione dei tedeschi". E ancora il "respiro di libertà" della Repubblica partigiana dell'Ossola, definita da Realfonzo "la mia avventura mancata", fino ad arrivare all'inverno e agli "ultimi fuochi del '44".

Almerico Realfonzo ha incontrato la Resistenza nella Repubblica dell'Ossola, l'ha ascoltata attraverso i racconti dei suoi familiari e l'ha vissuta poi quel 25 aprile 1945 assieme al "Raggruppamento Di Dio". Con il suo ricordo forte e lucido, l'autore ha ricostruito con un'esattezza storica e una lucida memoria personale una delle pagine più oscure e feroci del passato. Il libro potrebbe definirsi opera storiografica e biografica insieme: una biografia che però non guarda egoisticamente se stessa, ma racconta con grande responsabilità alla Storia e al suo peso sul presente.

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