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Opinioni

Activision Blizzard conquista Candy Crush per 5,9 miliardi

Activision Blizzard conquista King Digital Entertainment, produttore del social game Candy Crush, per 5,9 miliardi di dollari. Ma il gaming è un settore è in crescita e sembra esservi spazio anche per le startup italiane come Mangatar…
A cura di Luca Spoldi
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Giocare non sempre è solo un gioco: il settore del “gaming” oggi è in fermento a Wall Street, dopo che King Digital Entertainment, sviluppatore svedese (ma con sede a Londra e quotazione a Wall Street) del celebre social game Candy Crush Saga, è stato rilevato da Activision Blizzard, quinto maggior produttore mondiale di videogiochi in base al fatturato 2014 (4,4 miliardi di dollari), per la modica cifra di 5,9 miliardi di dollari, un 16% circa sopra le quotazioni del titolo di venerdì scorso, notizia che ha fatto immediatamente allineare il prezzo del titolo poco sotto quello offerto da Activision Blizzard (18 dollari per azione in contanti).

L’operazione rappresenta la maggiore acquisizione mai fatta dal produttore di Call of Duty, Guitar Hero, Skylander Trap Team e Word of Warcraft, solo per citare alcuni dei suoi giochi da console e pc più famosi, dopo l’acquisizione per 18,8 miliardi di dollari annunciata a fine 2007 e completata nel giro dei successivi sei mes di Blizzard Entertainment, fino a quel momento controllata dal gruppo francese Vivendi, divenuto a seguito dell’operazione l’azionista di riferimento col 68% del capitale (partecipazione poi ceduta in due tranche dall’attuale azionista principale di Telecom Italia tra il 2013 e il 2014 per oltre 9 miliardi di dollari in tutto).

Per finanziare l’operazione Activision Blizzard utilizzerà 3,4 miliardi di dollari in contanti, oltre a un prestito di 2,3 miliardi di dollari. L’acquisizione sarà realizzata attraverso la controllata Abs Partners e avrà un effetto accrescitivo sia in termini di ricavi rettificati sia di utili per azione già nel 2016 di circa il 30%. I due produttori di videogiochi potranno contare complessivamente su una base di quasi 550 milioni di utenti attivi mensili di cui 356 milioni portati in dote da King. Riccardo Zacconi, co-founder e Ceo di King Digital Entertainment, continuerà a rivestire il suo ruolo anche dopo il completamento dell’acquisizione.

Gli analisti non sembrano avere dubbi sul perché del matrimonio: Activision Blizzard intende espandersi oltre il settore dei giochi da console e dei Mmorpg come World of Warcraft (che il prossimo anno potrebbe rivivere una seconda giovinezza visto che è in arrivo un film ambientato nel suo mondo fantasy), così da recuperare quel fatturato che di recente è apparso in frenata (-4% lo scorso anno, cosa che ha consentito alla rivale Electronic Artsl’ha superata in classifica con 4,5 miliardi di vendite, in crescita del 22% sul 2013), mentre per King è in costante aumento (lo scorso anno sono salite del 20%, superando quelle di Nintendo, in calo del 13% a 2,1 miliardi).

King, dal canto suo, è ancora troppo dipendente da Candy Crash (nel secondo trimestre dell’anno ha pesato per il 49% delle vendite complessive, anche se i giochi “non Candy Crash” hanno visto crescere il proprio fatturato del 30% su base annua) e potrebbe dunque combinare la propria conoscenza dei meccanismi dei social game alla ricca librarty di Activision per lanciare nuovi e più forti titoli su un mercato sempre molto competitivo come il mobile e social gaming. Tra i primi commenti, non a caso, vi è stato quello di Avi Eyal, partner del fondo di venture capital Entree Capital, secondo cui “è un ottimo affare per un “one trick pony” (una società che deve la sua fortuna a un singolo prodotto o servizio, ndr) come King, un grande rischio per Activision, ma nel complesso un accordo molto forte”.

Il settore del gaming resta comunque una miniera d’oro e accanto ai colossi (le prime 25 società al mondo lo scorso anno hanno fatturato 54,1 miliardi di dollari, pari al 65% del giro d’affari mondiale del settore, 83,6 miliardi) sembra esservi ancora molto spazio anche per piccole società e nuove startup. Una di queste, l’italianissima Mangatar, lanciata nel 2012 da cinque studenti salernitai (Andrea Postiglione, che della startup è anche Ceo, Raffaele Gaito, Enrico Rossomando, Alfredo Postiglione e Michele Criscuolo) ha già suscitato l’interesse dei primi investitori istituzionali, in particolare di Gianluca Dettori (ex co-founder di Vitaminic) con la sua dPixel.

Finora i ragazzi di Mangatar hanno raccolto i primi finanziamenti (1,1 milioni di euro solo i due “round” più recenti) e le prime esperienze, rafforzando la squadra con l’inserimento di altri sviluppatori e lanciando due titoli (l’originale Mangatar Saga e il successivo Denger Chronicles). L’idea è ora quella di far crescere la library lanciando ogni sei mesi un nuovo titolo di social e mobile gaming, settore che in Italia, decimo mercato mondiale del genere, garantisce un fatturato annuo di 1,5 miliardi di dollari.

Sarà la volta buona perché anche l’Italia pianti una sua bandierina in un settore ad elevata innovazione che non si limiti al singolo per quanto talentuoso startupper? C’è da augurarselo perché in un paese che sta fin troppo rapidamente invecchiando e decadendo potrebbe essere un primo segnale concreto per tutti quei ragazzi che non si arrendono alla prospettiva di un futuro fatto solo di call center, fattorini e camerieri, senza voler in alcun modo mancare di rispetto a chi svolge tali professioni.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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