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Botte e umiliazioni sui detenuti nel carcere di Biella: sospesi 23 agenti per torture di Stato

Sono stati sospesi 23 agenti della Polizia penitenziaria con l’accusa di tortura di Stato ai danni dei detenuti del carcere di Biella. Secondo quanto appurato dalla Procura, gli agenti avrebbero picchiato e umiliato i carcerati legandoli con nastro adesivo.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Botte, violenze psicologiche e l'uso di nastro adesivo per legare i detenuti. Il clima nel carcere di Biella era di violenza e sopraffazione. Per questo motivo la Procura ha sospeso 23 agenti della Polizia penitenziaria per il reato di tortura di Stato. La durata delle sospensioni è stata decisa considerando il "coinvolgimento degli agenti indagati". Ben 28, stando a quanto reso noto.

Per descrivere quanto accaduto, la Procura ha usato parole dure e chiare in un comunicato che ha ripercorso il cammino che ha portato alla sospensione. Tutto è iniziato nella giornata del 3 agosto 2022, quando il vice Comandante pro tempore aveva redatto una comunicazione di notizia di reato nei confronti di un detenuto deferito in stato di libertà.

Nella nota, il Comandante sottolineava una serie di violenze e minacce da parte del detenuto, asserendo di "aver dovuto utilizzare del nastro adesivo" per legarlo per qualche minuto nonostante quest'ultimo fosse già ammanettato. Una chiara violazione dell'art. 41 della Legge sull'Ordinamento Penitenziario. La comunicazione, invece di smorzare qualunque domanda sui soprusi, ha fatto partire un'indagine da parte della Procura.

Il fatto documentato è stato l'ultimo di una lunga serie di violenze ai danni del detenuto. Gli investigatori hanno scoperto che il vice Comandante in questione e gli altri agenti poi indagati avrebbero avuto la stessa condotta in almeno altre due occasioni.

Solo una delle tre vittime accertate aveva deciso di procedere penalmente nei confronti delle forze dell'ordine mentre gli altri, sfiduciati e spaventati dalle possibili conseguenze, avevano scelto di mantenere il silenzio. I tre casi presentavano forti analogie, come pregresse denunce (concomitanti alle violenze subite) per resistenza, oltraggio e minaccia a Pubblico Ufficiale.

I detenuti sono stati interrogati in qualità di parti offese e hanno finalmente raccontato quanto accaduto nel segreto delle stanze del penitenziario. Le accuse sono state confermate dai filmati delle telecamere e da quanto scritto nei referti medici. La Procura ha quindi decretato l'emissione delle misure cautelari interdittive nei confronti dei 28 indagati della Polizia penitenziaria di Biella.

La Procura ha inoltre ipotizzato la sussistenza del reato di falso ideologico con riferimento a quanto scritto nella notizia di reato dal vice Comandante. Sono emerse, secondo gli investigatori, anche condotte qualificabili come lesioni personali, in quanto i detenuti erano stati picchiati con calci, pugni e schiaffi. Stando a quanto accertato, erano stati anche ammanettati e denudati.

"L'ipotesi accusatoria – scrive la Procura – secondo cui esiste all'interno del Carcere di Biella un metodo punitivo e un clima di generale sopraffazione creato e coltivato dal vice Commissario, con la connivenza e complicità di altri agenti, trova precisi elementi di sostegno. Tali metodi possono essere definiti crudeli in quanto causa di sofferenze fisiche e umiliazioni non necessari. Gli ordini del vice Comandante non potevano essere considerati legittimi perché in palese contrasto con l'ordinamento penitenziario".

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