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Libia, scarcerato il trafficante di migranti Bija: “Non ci sono prove”

Abd al-Rahman Milad, meglio noto come Bija, è stato scarcerato in Libia. Si tratta di uno dei più pericolosi trafficanti di migranti. Era stato arrestato lo scorso ottobre 2020, dopo che l’Onu aveva emesso un mandato di arresto internazionale per crimini contro i diritti umani, ma secondo le autorità libiche non ci sono le prove.
A cura di Annalisa Girardi
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Abd al-Rahman Milad, meglio noto come Bija, è stato scarcerato in Libia dopo essere stato scagionato dal procuratore generale di Tripoli da ogni accusa. Avrebbe già abbandonato la capitale per rientrare ad al-Zawija, la città dalla quale per anni avrebbe gestito estese operazioni di traffico di migranti in veste di Guardia costiera. Secondo le autorità libiche non ci sono le prove, nonostante le Nazioni Unite abbiano imposto sulla sua persona diverse sanzioni per violazioni dei diritti dei migranti.

Era stato arrestato lo scorso ottobre 2020. Secondo l'Onu e la Corte internazionale dell'Aja ci sarebbe lui dietro una delle più grandi reti di traffico di esseri umani nella zona ad ovest di Tripoli e per questo era stato emesso un mandato di arresto internazionale per crimini contro i diritti umani. Era accusato di essere a capo delle milizie di al-Zawija, uno dei luoghi da cui partono i barconi, e di dirigere il traffico dei migranti dando o meno il via libera agli scafisti. Coloro che non lasciava partire finivano poi nei campi di detenzione di cui spesso sono state documentate le violenze e condizioni disumane. Secondo i media libici ora potrebbe essere riammesso nella Guardia costiera libica.

Il nome di Bija è diventato molto noto anche nel nostro Paese quando nel 2019 il giornale Avvenire raccontò che nella delegazione libica in visita in Italia nel 2017, in un incontro dell'Organizzazione mondiale per le migrazioni e finanziato dall'Unione europea, ci fosse un pericoloso trafficante di migranti. Bija, appunto. Che, in qualità di membro della Guardia costiera, visitò il Cara di Mineo e si recò anche a Roma, recandosi ai ministeri della Giustizia e dell'Interno.

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