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Bin Salman autorizzò l’omicidio di Khashoggi: ora Renzi che dice del Rinascimento arabo?

Ora ci sono le prove. Il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, è direttamente coinvolto nell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, ucciso e fatto a pezzi nell’autunno del 2018 in ambasciata a Istanbul. Appena un mese fa Matteo Renzi volava a Riyad per partecipare a una conferenza in cui si complimentava con il “grande principe” per la sua leadership. Ma ora deve chiarire una volta per tutte il suo rapporto con l’Arabia Saudita e, soprattutto, con colui che secondo l’intelligence USA è il mandante di un assassinio.
A cura di Annalisa Girardi
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Ora Matteo Renzi deve davvero chiarire i suoi rapporti con l'Arabia Saudita. E soprattutto con colui che aveva definito come il "grande principe", Mohammed bin Salman, l'erede al trono. Che, e ora c'è un rapporto dell'intelligence statunitense a confermarlo, è direttamente coinvolto nell'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. Lo scrittore, una delle maggiori voci dissidenti contro il regime saudita, è stato ucciso e fatto a pezzi lo scorso 2 ottobre 2018 all'interno del consolato dell'Arabia Saudita a Istanbul. E bin Salman sapeva tutto: lo percepiva come una minaccia al regno e ha dato il via libera all'uso della violenza per metterlo a tacere.

Quello che l'intelligence USA conferma oggi, attraverso un rapporto pubblicato dall'amministrazione di Joe Biden, è che il principe ereditario, in quanto in pieno controllo delle agenzia di sicurezza saudite, difficilmente poteva essere all'oscuro di quanto stesse accadendo quel giorno di ottobre nel consolato di Istanbul. Altrettanto improbabile è che gli agenti sauditi agissero senza la sua esplicita autorizzazione. Sono ancora più ingombranti allora quelle dichiarazioni del leader di Italia Viva sull'Arabia Saudita come "culla di un nuovo rinascimento" e sulla leadership del principe ereditario. Che, secondo il report del Director of National Intelligence, non sarebbe altro che il mandante di un assassinio.

D'altronde Amnesty International da anni denuncia come le autorità saudite abbiano "intensificato la repressione dei diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione; hanno vessato, detenuto arbitrariamente e perseguito penalmente decine di persone critiche nei confronti del governo, difensori dei diritti umani, compresi attivisti per i diritti delle donne, membri della minoranza sciita e familiari di attivisti". Ma questo non ha comunque impedito a Matteo Renzi, prima da presidente del Consiglio e poi come semplice senatore (quindi senza alcuna responsabilità diplomatica) di intrattenere stretti rapporti con Riyad. L'ultima occasione di mostrare la propria amicizia al regime saudita Renzi ce l'ha avuta lo scorso 28 gennaio, quando è volato nel Paese per partecipare a una conferenza (per cui pare abbia anche ricevuto 80 mila euro per la sua presenza) dove si è trovato faccia a faccia con il principe ereditario. E non gli ha fatto mancare apprezzamenti e complimenti, nonostante sul suo coinvolgimento diretto nell'omicidio di Jamal Khashoggi ci fossero già ampi sospetti.

Ora ci sono le prove. Bin Salman ha un ruolo nell'assassinio del giornalista del Washington Post, da anni esiliato negli Stati Uniti perché in Arabia Saudita la libertà di espressione democratica semplicemente non esiste. E ora Renzi deve chiarire. Deve prendere posizione verso un regime che ha definito "uno dei nostri alleati più importanti". E anche se, come ha detto lui, "di conferenze internazionali ne faccio tante", deve ammettere che non sono tutte uguali: e che per sedersi sorridenti con chi ha approvato l'omicidio di un dissidente non ci sono scuse.

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A Fanpage.it sono vice capoarea della sezione Politica. Mi appassiona scrivere di battaglie di genere e lotta alle diseguaglianze. Dalla redazione romana, provo a raccontare la quotidianità politica di sempre con parole nuove.
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