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Fontana a Fanpage.it: “Nel 2020 useremo 8 mld di mascherine. Servono punti raccolta per il riciclo”

“Gli 8 miliardi di mascherine che saranno utilizzate entro l’anno solo nel nostro Paese non devono rappresentare un problema per l’ambiente”: Ilaria Fontana, deputata del M5s, racconta a Fanpage.it l’emendamento presentato al decreto Rilancio per far fronte all’inquinamento da mascherine e guanti monouso, che spesso vediamo abbandonati per le strade. Un’iniziativa che prevede punti raccolta per facilitare il riciclo e incentivi per la produzione di dispositivi lavabili e riutilizzabili.
A cura di Annalisa Girardi
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Dopo che mascherine e guanti monouso sono entrati nella nostra quotidianità per difenderci dalla diffusione del coronavirus, abbiamo iniziato a vedere questi dispositivi abbandonati per le strade e sui marciapiedi. Sono i "nuovi rifiuti", che non costituiscono solo un evidente pericolo sanitario, se gettati a terra da una persona infetta, ma hanno anche un pesante impatto ambientale. Molti di questi prodotti sono fatti di materiale plastico e possono impiegare anche moltissimi anni a degradarsi. Il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, oggi ha dato il via alla campagna del ministero dell'Ambiente volta a sensibilizzare i cittadini sulle conseguenze dell'inquinamento da mascherine e guanti: in conferenza stampa ha spiegato che per il 2020 la produzione di rifiuti da questi dispositivi dovrebbe arrivare tra le 160 mila e le 440 mila tonnellate. Una montagna di spazzatura, al centro dell'iniziativa del ministero chiamata Alla Natura Non Serve. Il Movimento Cinque Stelle ha anche presentato un emendamento al decreto Rilancio volto proprio a contrastare questo problema, proponendo una serie di misure con l'obiettivo di favorire il riciclo di questi dispositivi, incentivando allo stesso tempo i produttori a mettere sul mercato mascherine e guanti riutilizzabili. Fanpage.it ha intervistato Ilaria Fontana, la deputata pentastellata che ha avanzato la proposta, per parlare del piano ecofriendly sia per quanto riguarda l'utilizzo che lo smaltimento di questi dispositivi. Che, come sottolinea la campagna inaugurata dal ministro Costa, servono a noi, ma non all'ambiente.

Ai rifiuti che normalmente produciamo si sta aggiungendo anche una quantità non indifferente di mascherine. Qual è l'impatto ambientale nel Paese al momento?

Come M5S in commissione Ambiente ci siamo attivati già nel mese di marzo per approfondire la questione delle mascherine, dei guanti e degli altri dispositivi di protezione. Abbiamo subito verificato le stime dei volumi, accertando che non vi è alcuna necessità di ampliare discariche o peggio alimentare nuovi inceneritori. Resta il fatto però che gli 8 miliardi di mascherine che saranno utilizzate entro l'anno solo nel nostro Paese non devono rappresentare un problema per l'ambiente e quindi per la nostra salute. Da qui il nostro impegno per un corretto smaltimento, al momento nell’indifferenziato urbano, e per scongiurare che finiscano gettati per strada o in aree naturali. Questa emergenza sanitaria ci deve spingere a ripensare al nostro stile di vita, di produzione e di consumo. Dobbiamo sempre essere responsabili dei nostri gesti ed è per questo che abbiamo apprezzato la campagna lanciata oggi dal ministro Sergio Costa con l'hashtag #buttalibene. Ogni volta che si produce un rifiuto abbiamo perso tutti qualcosa.

Lei ha presentato un emendamento al dl Rilancio che punta al recupero dei materiali con cui sono prodotti questi dispositivi. Di che cosa si tratta?

Questo emendamento, che ci auguriamo di vedere approvato a breve in commissione Bilancio, chiede al ministero dell’Ambiente, sentiti l’Istituto superiore di Sanità e l’Ispra, di adottare delle linee guida che definiscano nel dettaglio come recuperare i materiali di cui sono fatte le mascherine, in un'ottica il più possibile circolare. Queste linee guida dovranno stabilire come si raccolgono questi materiali per poterli rigenerare, come deve comportarsi il cittadino che se ne disfa dopo l'uso. Dobbiamo poi incentivare i nostri concittadini ad assumere condotte virtuose: scegliere le mascherine lavabili e riutilizzabili più volte, gettarle nel modo più corretto affinché riprendano vita sotto forma di altri prodotti… Pensiamo, in primis, a punti di raccolta capillari – collocati fuori dai centri commerciali o dalle farmacie – simili a quelli utilizzati per rifiuti speciali come materiali sanitari o pile. Inoltre, l'emendamento prevede l’istituzione di un fondo di un milione di euro per quest'anno, al fine di promuovere la prevenzione, il riuso ed il riciclo dei dispositivi di protezione individuale.

Da dove arriveranno le risorse economiche necessarie all'istituzione dei punti di raccolta?

Per il 2020 stanziamo un milione di euro al fine di mettere in campo una prima fase sperimentale su prevenzione riuso e riciclo. Le linee guida e le risultanze di questa sperimentazione ci daranno gli strumenti per adottare un provvedimento con coperture adeguate che ci consenta di estendere il sistema a livello nazionale.

Oltre al riciclo, l'emendamento punta anche a incentivare l'utilizzo di mascherine lavabili. In che modo?

Pensare a mascherine monomateriale o fatte di materiali facilmente separabili e riutilizzabili o al più riciclabili significa ridisegnare in piccolo il nostro modello economico e produttivo. In questo, come prevede l'emendamento, la Pubblica Amministrazione può fare da apripista e da volano scegliendo di rifornirsi soltanto di dispositivi ad elevato standard di riutilizzabilità ed ecocompatibilità. Insomma dobbiamo fare esattamente il contrario di quella brutta politica che brucerebbe tutto negli inceneritori, dal Sud alle mascherine appunto. Incenerire e gettare in discarica significa inquinare, continuare a pagare sanzioni salate per le infrazioni europee e non avere in alcun conto la salute delle italiane e degli italiani. Recuperare significa fare un'economia pulita e creare tanti posti di lavoro.

Sono previste anche delle multe per chi inquina gettando le mascherine in strada o in mare?

Il provvedimento chiarisce che debbano esserci sanzioni certe e adeguate per chi abbandona guanti e mascherine a terra o in mare, ma è un aspetto secondario. Quello che più conta è che la circolarità e la compatibilità delle produzioni industriali e dei comportamenti delle persone con i cicli naturali diventino cultura e consapevolezza diffusa. Noi crediamo molto nel buon esempio, su tutti i fronti e siamo convinti che saranno gli esempi a cambiare il mondo.

Perché la ripresa non può prescindere dalla battaglia per la difesa dell'ambiente?

Sempre più spesso sentiamo dire che la pandemia ci ha messo davanti a un bivio. Io sono convinta che l'emergenza sanitaria ci ha imposto di curare di pari passo la salute, l'ambiente e l'economia. Se quest'ultima prende il sopravvento e discapito di salute e ambiente continueremo a fare gli errori del passato, ma la storia ci ha già detto che questa non è una strada possibile bensì un baratro. C'è un grande movimento in tutto il Pianeta – poco visibile perché deve fare i conti con i vecchi dinosauri delle energie fossili e il loro strapotere – che ha già dimostrato con i fatti la possibilità concreta di coniugare diritti, giustizia, rispetto dell'ambiente e benessere. Questa è l'unica prospettiva che ci consente di guardare con fiducia al futuro. Dobbiamo cogliere ogni opportunità per praticarla, dalla scelta delle mascherine all'opzione per un'energia libera dal petrolio. Ogni passo in questa direzione, piccolo o grande che sia, è un passo fondamentale per cambiare definitivamente rotta.

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