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40 anni fa moriva Ignazio Silone: la storia senza tempo di Fontamara e quel Nobel mancato

Ricorrono oggi i 40 anni dalla morte di Ignazio Silone. Letto e apprezzato anche da Thomas Mann e Albert Camus, lo scrittore abruzzese ci ha regalato uno dei romanzi più importanti della nostra storia letteraria. Arrivando per ben dieci volte ad un passo dal Nobel.
A cura di Federica D'Alfonso
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Ignazio Silone (1900-1978).
Ignazio Silone (1900-1978).

Il 22 agosto del 1978 moriva Ignazio Silone. Il suo nome è legato ad uno dei romanzi più conosciuti e apprezzati del Novecento, “Fontamara”. Un racconto lucido e disincantato di ingiustizia e sofferenza ambientato nel crudo Abruzzo degli anni del fascismo: un racconto che, a distanza di quarant'anni dalla morte dell’autore, continua ad essere attuale per la capacità con cui i “cafoni” marsicani rispecchiano gli ultimi in ogni luogo e in ogni tempo. Il nome di Silone comparve più di una volta fra i candidati al Nobel, senza mai ottenere il prestigioso premio.

Fontamara: luogo di "fango e sangue"

Scegliere di ambientare un romanzo degli anni Trenta in un immaginario paesino della Marsica e chiamarlo “Fontamara” fu forse uno dei tentativi più coraggiosi da parte della letteratura di restituire la dignità che la Storia toglie da sempre agli ultimi di ogni luogo e ogni tempo. A Fontamara siamo “in mezzo al fango e al sangue”, elementi primordiali nell’Abruzzo immaginato da Silone quasi quanto le montagne stesse che lo circondano: “un villaggio come tanti altri; ma per chi vi nasce e cresce, il cosmo. L'intera storia universale vi si svolge: nascite morti amori odii invidie lotte disperazioni”.

Ed è proprio storia di lotta e disperazione quella prefigurata da un titolo che non lascia nulla alle illusioni: la fatica è l’unica dignità che gli abitanti di Fontamara possiedono; i loro padroni, nemmeno quella. Ignazio Silone sceglie di raccontare la loro storia con una semplicità assoluta, rievocando i paesaggi dell’infanzia e mescolandoli con personaggi che a tratti sembrano quasi caricature di loro stessi.

Tutto ha inizio quando il corso d’acqua, fondamentale fonte di lavoro e di vita del paese, viene deviato verso le terre di un uomo potente e senza scrupoli ammanigliato col regime fascista. L’imbroglio che ne consegue ha del grottesco: agli abitanti viene chiesto di firmare una carta bianca che si rivelerà essere proprio l’autorizzazione a privarli dell’acqua. A questo seguiranno una lunga serie di soprusi e violenze, alcune con caratteri tragicomici, da cui soltanto i tre narratori della storia si salveranno.

Una storia racchiusa entro i confini di un paese immaginario, ma al quale Silone ha sempre accostato l’immagine vivida e reale della sua infanzia abruzzese. Un’infanzia e una terra che saranno sempre presenti in ogni sua opera, come lui stesso racconterà:

Tutto quello che m'è avvenuto di scrivere, e probabilmente tutto quello che ancora scriverò, benché io abbia viaggiato e vissuto a lungo all'estero, si riferisce unicamente a quella parte della contrada che con lo sguardo si poteva abbracciare dalla casa in cui nacqui. È una contrada, come il resto d'Abruzzo, povera di storia civile, e di formazione quasi interamente cristiana e medievale. (…) il dolore vi è sempre stato considerato come la prima delle fatalità naturali; e la Croce, in tal senso, accolta e onorata.

Il Nobel mancato e la fortuna all'estero

Ogni anno l’Accademia svedese pubblica i documenti delle votazioni svoltesi 50 anni prima: dal 1946 al 1963 il nome di Ignazio Silone compare ben dieci volte. Le candidature al Nobel provengono soprattutto dagli intellettuali del Nord Europa dove, fin dagli esordi, Silone veniva letto e stimato molto più che in patria. Il rapporto di Silone con l’Italia, in effetti, fu sempre difficile e non privo di polemiche: molti dei suoi romanzi vengono pubblicati a distanza di molti anni dalla loro prima comparsa in lingua tedesca.

È il caso ad esempio di “Fontamara”: il romanzo viene pubblicato nel 1933 a Zurigo e, solo nel 1945, vedrà la sua edizione italiana definitiva. E, mentre l’Italia riservava a questo capolavoro una tiepida accoglienza, contemporaneamente nel resto d’Europa tantissimi intellettuali e scrittori parlavano solo e unicamente di lui, di Ignazio Silone. Albert Camus disse dei suoi romanzi: “Se la parola poesia ha un senso, è qua che la ritrovi, in questo spaccato di un'Italia eterna e rustica, in queste descrizioni di cipressi e di cieli senza eguali e nei gesti secolari di questi contadini italiani”.

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