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“Yara Gambirasio aveva 79 numeri segreti sul suo cellulare”

L’indiscrezione rivelata dal settimanale “Oggi” potrebbe aprire nuovi scenari sull’omicidio della 13enne di Brembate di Sopra, utili sopratutto ai difensori di Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore in carcere dallo scorso giugno.
A cura di Biagio Chiariello
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79 numeri di telefono nascosti sul cellulare, protetti da un codice, di cui i genitori non conoscevano l'esistenza. E’ il settimanale Oggi a riportare il mistero del telefonino di Yara Gambirasio. La 13enne uccisa nel 2010 a Brembate di Sopra (Bergamo) e per il cui omicidio è in carcere il carpentiere Massimo Giuseppe Bossetti, sul proprio cellulare aveva “solo nove numeri, ma ne aveva altri 79 nella memoria della Sim che conosceva solo lei”, scrive Oggi. Molti dei titolari di queste 79 utenze sarebbero già stati interrogati, per affermare di non aver mai conosciuto Yara. A uno di loro, un ragazzino di 13 anni, che ha detto di non averci mai parlato, viene chiesto come mai nel solo mese di gennaio 2010 fra la sua utenza e il cellulare di Yara risultano 109 contatti. “Non me lo so spiegare… Non ricordo di aver mai avuto il numero di Yara… A volte mi capita di prestare il mio telefono ad alcuni amici… È un mistero come sia potuto accadere…” ha risposto.

Una rivelazione utile a Bossetti?

L’ipotesi è che quel cellulare non fosse nuovo e che fosse stato usato da un altro utente prima di essere poi divenuto di proprietà della 13enne di Brembate. Ora i difensori di Bossetti punteranno anche su questo elemento: "Si potevano approfondire le indagini sul traffico telefonico e non è stato fatto". Ma ci sono altri punti sui quali i legali del muratore di Mapello in carcere con l’accusa di aver ucciso Yara si concentrano. Secondo quanto scrive Oggi, sono: i ripetuti passaggi del furgone di Bossetti attorno alla palestra di Brembate; la contraddizione dell’insegnante di ginnastica di Yara che, interrogata, prima dice di averla vista la sera della scomparsa e poi lo nega; la collocazione del corpo nel campo di Chignolo d’Isola fin dal delitto (“Anche il giardiniere che si occupava di quel campo ci si era addentrato a piedi senza scorgere il cadavere, per noi è stato portato lì poco prima del ritrovamento”, sostiene la difesa).

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