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Wael, il profugo 15enne che da solo ha fatto nascere il fratellino

Il ragazzino ha aiutato la mamma a partorire nel viaggio attraverso la Libia. Wael ha assistito la donna in un lunghissimo travaglio, ha tagliato il cordone ombelicale e ha pure cucito con ago e filo di cotone.
A cura di S. P.
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A soli 15 anni, e in condizioni non certo ottimali, un ragazzino ha salvato sua madre e il suo fratellino. Lui si chiama Wael e la sua storia oggi è apparsa sulle pagine del Corriere della Sera. Wael, da solo, ha aiutato sua madre a partorire nel mezzo della Libia e di un viaggio rischiosissimo. La mamma si lamentava, lui ha raccontato di essere rimasto per mezz’ora in un angolo a piangere ma poi di essersi rialzato: “Mamma tu non morirai, ci sono qua io”, avrebbe detto alla donna, trovando il coraggio di starle vicino in un lunghissimo travaglio. Il 15enne ha fatto nascere il bambino, ha tagliato il cordone ombelicale con le forbici che c’erano, e ha pure cucito, con ago e filo di cotone. Come scrive il Corriere, il pediatra che ha visitato il piccolo a Milano ha detto che il giovane profugo ha fatto “un buon lavoro”. La mamma, che si chiama Hajar e ha 33 anni, ha raccontato il lungo viaggio compiuto insieme a suo figlio. Dalla Siria al Libano, poi il Sudan e la Libia e infine l’Europa. Ha raccontato che prima della guerra vivevano alla periferia di Damasco, poi c’è stata la fuga in Libano: “Dopo due anni, però, mio marito con i suoi documenti palestinesi non può più restare. Ma per l’Europa ci chiedono 7.000 dollari a testa”. Troppi soldi, così decidono di arrivare in Sudan.

Il bimbo nasce e resiste altri due mesi in viaggio – Ma il marito fa di tutto per far nascere suo figlio in Europa e così, al settimo mese di gravidanza, Hajar e Wael si affidano ai trafficanti di Khartoum e partono: “Concordiamo il prezzo di 6.000 dollari in due fino alla spiaggia da cui ci saremmo imbarcati. Viaggiamo in macchina, in carovana. Facciamo soste anche di giorni, a volte chiusi in una stalla con gli animali. Cambiamo diverse vetture e trafficanti”. Le doglie arrivano di notte, quando madre e figlio ormai in viaggio da due mesi sono chiusi con altri profughi in un appartamento di Ajdabiya. Il 15enne ha raccontato di aver chiamato il trafficante per portare la mamma in ospedale ma che lui avrebbe detto che non era possibile uscire di casa. La donna si dispera, ma nessuno la aiuto. A questo punto il ragazzino capisce di dover aiutare da solo sua madre: Mahmoud nasce alle 7 del mattino e per tutto il giorno rimane sporco, poi la sera qualcuno porta shampoo e acqua. Il neonato resiste altri due mesi in viaggio, poi in barca dalla Libia raggiunge l’Italia con la mamma e il fratellino.

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