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Opinioni

Vince l’astensione: siamo noi giovani a non votare più

Il partito dell’astensione cresce a ogni elezione di più. Ma è un problema che va affrontato, perché riguarda soprattutto i più giovani. Troppo lontani dalla politica.
A cura di Michele Azzu
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“Il vero vincitore è l’astensionismo”, anche a queste elezioni regionali ripeteremo questa solita frase fatta per chissà quanto tempo. Frase che, elezione dopo elezione, sembra sempre più veritiera. Alle elezioni regionali di Veneto, Campania, Marche, Umbria, Toscana, Puglia, Liguria ha votato solo il 51.4 per cento degli aventi diritto. Nel 2010 era il 64 per cento: si sono persi il 10 per cento di voti. Una persona su due non ha votato, e questa volta non è stato certo per colpa del bel tempo e delle gite di primavera: nel fine settimana ha piovuto in quasi tutto il paese.

È un dato che fa spavento. Confrontiamolo coi dati delle più recenti votazioni del nostro paese. Lo scorso novembre si votava alle regionali in Emilia Romagna e Calabria. Anche in quel caso l’affluenza al voto fu bassissima: in Emilia Romagna votò il 37.7 per cento contro il 68 delle elezioni precedenti, e contro il 70 per cento delle europee di solo sei mesi prima. Sono 30 punti percentuali in meno. In Calabria a votare furono il 43.8 per cento degli aventi diritto contro il 59 per cento del 2010 (15 per cento in meno).

Alle scorse elezioni europee, invece, l’affluenza fu più alta: circa il 60 per cento degli aventi diritto. E alle scorse elezioni politiche? Quelle del giugno 2013, in cui vinse per un soffio il PD guidato da Pierluigi Bersani che poi però non andò mai al governo. In quell’occasione, votò il 55 per cento degli elettori rispetto al 62.6 per cento di cinque anni prima, nel 2008. Le elezioni hanno ormai imparato a convivere con alti tassi di astensionismo. E allora, se va così dappertutto, forse è un segno dei tempi. Chi non vota rinuncia coscientemente a un proprio diritto – dirà qualcuno – e allora perché porsi il problema?

L’astensionismo è un problema perché il dato della disaffezione al voto riguarda principalmente i più giovani. Certo, è ancora presto per avere i dati precisi da queste votazioni, ma sappiamo già che è a loro che riguarda questo 48 per cento di astensione. Ce lo dicono i dati delle elezioni più recenti. Alle recenti elezioni europee – quelle del tanto sbandierato 41% di consensi al PD – trionfò proprio l’astensione dei giovani. Mentre, come dicevamo, il dato di affluenza rimase discreto, con circa il 60% di votanti, in tutta Europa solo il 28% dei giovani europei andò a votare. “Le elezioni europee del 2014” hanno mostrato che esiste ancora un alto livello di astensione, con solo il 28% dei giovani fino ai 25 anni che si è recato a votare”, commentava Johanna Nyman, presidente dell’European Youth Forum.

In Italia solo il 40% dei giovani è andato a votare alle europee. E alle politiche? Secondo il Centro Italiano di Studi Elettorali, alle ultime politiche del 2013 l’astensione ha riguardato principalmente i giovani. “Con l’eccezione di Torino, emerge che i neoelettori sono stati più propensi all’astensione”, scrive l’ente accademico. “In misura marginale nella capitale, più significativa a Milano e Firenze e ancor più spiccata a Palermo. Nel capoluogo siciliano, quasi la metà dei cittadini fra i 18 e 24 anni ha deciso di astenersi”.

l'astensione dei giovani alle elezioni europee 2014
l'astensione dei giovani alle elezioni europee 2014

Anche il presidente del Senato Pietro Grasso si è rivolto in questi giorni ai più giovani, invitandoli a votare: "Alcuni di voi domenica saranno chiamati per la prima volta ad esprimere il proprio voto alle elezioni amministrative: fatelo, non lasciate che siano altri a decidere per voi". Ma non c’è niente da fare: ai più giovani votare non interessa. È davvero così difficile capire perché? Così come per la elezione del Presidente della Repubblica, il momento del voto non viene ritenuto capace di cambiare qualcosa di significativo nella vita di tutti i giorni, e viene vissuto come una cosa lontana e irrilevante. Una scocciatura.

Ma cosa è ritenuto rilevante dai giovani d’oggi? Se è difficile capire perché i giovani si disinteressano della politica, e del voto, forse possiamo chiederci cosa interessa i giovani. Una recente ricerca del programma Erasmus – che da ormai 20 anni permette ai giovani universitari di studiare per un anno in un altro paese dell’Unione Europea – ha di recente pubblicato i risultati di un sondaggio esteso alla popolazione di ex e attuali studenti migranti. Giovani laureati e di respiro europeo, insomma, proprio quelli da cui ci si aspetterebbe un interesse alla politica. Secondo i risultati del sondaggio le priorità dei giovani Erasmus sono crescita e posti di lavoro, col 60 per cento di preferenze. Al secondo posto vengono le preoccupazioni sui cambiamenti climatici. Al terzo posto la lotta alla corruzione.

Dati molto simili a quelli raccolti durante le ultime elezioni politiche italiane dalla campagna “Io voto”, realizzata dall’emittente televisiva Mtv. Secondo cui il 74 per cento dei giovani associa la politica alla corruzione, il 67 per cento a una sensazione di disgusto. Per il 60 per cento la classe dirigente italiana è considerata: “anacronistica e incapace di rinnovarsi”.

L’astensione al voto cresce ogni elezione di più. E riguarda principalmente i giovani. Laureati, occupati, disoccupati, nelle grandi città come alla provincia del sud. Cambia poco. Perché ai giovani, oggi, interessa porre fine alla corruzione, interessa trovare lavoro, e migliorare le condizioni in cui si lavora. Ai giovani interessa porre riparo al riscaldamento globale che sta modificando la temperatura del pianeta, e quindi la fuoriuscita dai carburanti fossili, la ricerca di stili di vita più sani.

Di tutte queste cose nei manifesti elettorali non si è trovata traccia: non alle europee, non alle politiche più recenti, non a queste regionali. Perché la politica non parla ai giovani, non è fatta dai giovani, e ai giovani non pensa proprio. Non a caso il Movimento 5 Stelle rimane il primo partito fra i giovani. Perché è un soggetto nuovo, che ha fatto della lotta alla corruzione la propria bandiera, così come le battaglie per l’ambiente, e per il reddito di cittadinanza – anche se sul lavoro latita.

Ma questo dato di astensione, prima ancora dell’esito negativo della Liguria, Campania e Veneto, non è una grande sconfitta per Matteo Renzi, che ha solo 40 anni e che doveva rottamare la politica dei vecchi e dei poteri forti? E riportare i giovani alla politica? Dalle regioni, fino al governo, passando per le europee, insomma, dove diavolo è la politica che dovrebbe interessare i giovani?

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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