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Venezia, i capolavori di Klimt e Chagall all’asta per risanare i debiti del Comune

E’ già bufera sul sindaco Brugnaro dopo l’ipotesi di mettere in vendita i quadri per fare cassa: “La soluzione potrebbe diventare un modello per le altre città”. Il ministro dei Beni culturali però taglia corto: “Spero sia solo una battuta…”.
A cura di Biagio Chiariello
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Per risanare i debiti della città di Venezia potrebbero essere messi all'asta quadri di inestimabile valore come Judith II Salomé di Gustav Klimt e il Rabbino di Vitebsk di Marc Chagall, custoditi nel museo civico di Ca' Pesaro. L’idea sarebbe del sindaco,l'imprenditore Luigi Brugnaro, che però non conferma e non smentisce, come riportano Repubblica e Sole 24 Ore. "Al momento", si è premurato ieri di precisare il primo cittadino dopo che in città si è aperto il dibattito, "non è stata decisa alcuna cessione di opere d'arte di pregio. Sarà necessario procedere ad una verifica attenta e puntuale del patrimonio a disposizione, ma al momento non esiste alcun elenco". Contattato dall’agenzia Ansa il ministro Franceschini commenta così l’ipotesi di una vendita dei due ‘gioielli’ da parte del Comune di Venezia per risanare le casse: “Le norme del codice Beni Culturali per evitare lo smembramento delle collezioni pubbliche e garantire la pubblica fruizione delle singole opere, chiudono il dibattito. Un dibattito che, visto dall’estero, farà altro male alla credibilità italiana”.

In realtà già qualche giorno fa Brugnaro scriveva in un dossier presentato ai parlamentari "Venezia sta cadendo a pezzi, solo per la manutenzione ordinaria la città dei Dogi richiede 40 milioni all'anno". Per valorizzare quindi "il patrimonio mobiliare serve una vendita di opere d'arte di natura pittorica che, ai sensi del D.Lgs 42/2004, non pregiudicando l'integrità delle collezioni esistenti". Con la cessione di una parte delle opere d'arte dei Musei civici veneziani, il Comune potrebbe incassare circa 400 milioni di euro. Da solo, il quadro di Klimt potrebbe valerne tra i 70 e i 90. Ed ad ogni modo, Brugnaro è convinto che anche altre città d'arte potrebbero seguire il suo esempio. Ipotesi che però non trova d’accordo il ministro Franceschini, che osserva che "le norme del Codice Beni Culturali per evitare lo smembramento delle collezioni pubbliche e garantire la pubblica fruizione delle singole opere, chiudono il dibattito". "Un dibattito – conclude – che, visto dall'estero, farà altro male alla credibilità italiana".

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