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Vendola si racconta: “Vi presento Tobia Antonio Testa, figlio di due papà”

In un’intervista a Repubblica, Nichi Vendola e il compagno Ed Testa raccontano questi mesi da neo-genitori. Per ora rimangono in Canada, per proteggere il piccolo Tobia dagli attacchi omofobi, ma un giorno potrebbero anche rientrare in Italia, spiegano.
A cura di Redazione
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In un'intervista concessa a Repubblica, Nichi Vendola e il compagno Ed Testa raccontano la propria vita da neo-genitori e parlano delle sensazioni che provano da qualche mese a questa parte, comprese le immancabili polemiche che hanno accompagnato le ultime settimane di gestazione e il post-nascita. "Ti presento Tobia Antonio Testa, figlio di due papà", così, come fosse l'incipit di una fiaba, Nichi Vendola inizia a raccontare gli ultimi mesi da neo-papà. "Quando era ragazzo a Terlizzi, ma avrei immaginato di avere un giorno un marito canadese e un figlio americano", spiega Vendola. Il padre biologico di Tobia è Ed, e Testa è il cognome del bambino, non Vendola. Nichi ne è tutore e successivamente chiederà l'adozione del figlio del compagno, la famigerata "stepchild adoption". Una decisione presa per tutelare maggiormente il figlio della coppia: "In questo modo Tobia è più tutelato e non solo perché Ed è canadese e italiano e dunque assicura a Tobia altri due passaporti". Prima della fine del mese è previsto un viaggio in Italia per Tobia e i suoi genitori, "ma non permetterò che il mondo gli diventi ostile appena tenterà di entrarvi". Vendola racconta di essersi rifugiato in Canada per poter vivere tranquillamente la propria vita: "Mi sono battuto per i diritti civili per tutta la vita e ho vissuto sulla mia pelle la vergogna per gli insulti sulla mia sessualità. Io e Ed non vogliamo fare i testimonial di una battaglia di civiltà. Vogliamo solo vivere in pace. Non permetteremo che il corpo di nostro figlio diventi una bandiera dei diritti civili".

"Ed e Nichi chiamano zia la Donatrice; e ‘la nostra Grande Madre' è la Portatrice", racconta Repubblica. "A Sacramento – racconta Vendola – abbiamo trascorso la più lunga attesa della nostra vita in casa di una coppia gay che ci ha ospitato senza neppure conoscerci, come fossimo amici di vecchia data. Dall'Italia mi arrivava il rimbombo delle volgarità che mi rovesciavano addosso. C'è qualcosa di storto nel mio Paese che mi ha fatto piangere di dolore. In quei giorni avevo chiuso ogni rapporto con l'Italia. Non rispondevo neppure ai messaggi". Avete assistito al parto? "Siamo arrivati un minuto dopo. Avevamo fatto le prove: venti minuti di una strada tutta dritta. Il marito di Thelma, la gestante, ci ha mandato un messaggio: the baby is coming. E, poco prima dei venti minuti: the baby has arrived ", racconta la coppia. Un parto naturale e "velocissimo", il bambino hanno potuto vederlo all'indomani dalla nascita e, nonostante fosse concesso, Vendola sottolinea che lui ed Ed non sono ripartiti subito per il Canada, ma al contrario hanno trascorso molto tempo con Thelma e la sua numerosa e bella famiglia.

"Capisco che, a parte la bestialità razzista e omofoba ci sia un pezzo d'Italia per bene che possa sentirsi disorientata – spiega Vendola, parlando della pratica dell'utero in affitto – E capisco che si spacchino anche la sinistra e il femminismo. Penso che se vedessero, se giudicassero in concreto e non in astratto, capirebbero tutto subito. Prima di decidere, noi abbiamo frequentato molto le famiglie arcobaleno. Avevo i dubbi della mia generazione. Ma è la realtà che ci ha mostrato la strada. La gestazione per altri è la risposta della scienza al bisogno di famiglia, è una difesa della famiglia, che va protetta dalla violenza contro le donne, dal femminicidio, dalla sordida prepotenza domestica, non dalla scienza". Secondo Vendola, la maternità surrogata è praticata soprattutto dalle coppie eterosessuali e, sottolinea, come prevede Umberto Veronesi, probabilmente tra vent'anni sarà molto diffusa anche in Italia e le resistenze ideologiche degli anni 2000 verranno meno. "Qui in Canada, come in gran parte del mondo evoluto, nessuno capirebbe le vignette, i titoli dei giornali, gli editoriali infiammati contro la scienza".

La donatrice dell'ovulo è una ragazza di 26 anni, mamma di una bambina, mentre la gestante, è un'assistente sociale di 29 anni, mamma di tre figli", racconta Vendola, mostrando intanto le foto della casa in cui vive la ventinovenne che materialmente ha portato avanti la gravidanza per conto di Ed e Nichi: "Ecco, questa è la casa a tre piani del quartiere residenziale di Sacramento dove la portatrice vive con la sua famiglia. Ti sembrano poveri?", chiede Vendola, sottolineando che per alcune persone "ospitare la vita è un incantesimo d'amore e che "ci sono donne che pensano che aiutare chi non può avere figli dia bello, nobile e generoso".

Nichi Vendola racconta anche il percorso che ha portato lui e il proprio compagno a diventare genitori. Un percorso in cui tutti i soggetti che prendono parte alla gestazione per altri, dalla donatrice, alla gestante, fino ai genitori adottivi, vengono assiduamente seguiti da un'équipe di psicologi, medici ed esperti. Sia la donatrice, sia la portatrice sentono di avere un legame con Tobia, ma nessuna delle due pensa o sente di esserne la madre, sottolinea Vendola. "Tutto è chiaro e pulito e noi vogliamo che Tobia, crescendo, possa conoscere e capire la sua storia biologica".

"Il desiderio di paternità è il contrario dell'egoismo. Prima pensavamo all'adozione. Stiamo insieme da dodici anni e volevamo un figlio. Sia per gli eterosessuali, sia per gli omosessuali, sia per i padri sterili e sia per quelli fertili la voglia di avere figli è amore per la vita, il presupposto per la sopravvivenza dell'umanità", spiega Vendola, raccontando inoltre che prima di arrivare alla scelta di Thelma, "ne abbiamo incontrate tante, e Thelma tante volte, prima di scegliere. L'agenzia di Sacramento è molto seria e le leggi californiane non consentono quel mercato che ci fa orrore e che viene praticato in altri Paesi, più poveri, in India, in Ucraina …". A conti fatti, a quanto ammonta il conto totale per la gestazione per altri in California? Il ricovero, in primis, molto costoso. Successivamente tutte le cure mediche e le medicine del caso, il rimborso per gli abiti pre-maman, per l'assenza dal lavoro e, infine, una cifra per la famiglia, ma piccola e quindi non in grado di essere considerata una rendita redditizia che possa spingere le donne americane ad "affittare" il proprio utero allo scopo di guadagnare grandi somme.

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