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Unioni civili, altra bacchettata all’Italia dal Parlamento Ue: “Serve una legge”

Il Parlamento Europeo chiede all’Italia di considerare di varare delle leggi che istituiscano unioni e matrimoni fra persone dello stesso sesso. A firmare il rapporto l’europarlamentare del M5S Ferrara.
A cura di Redazione
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Solo ieri vi avevamo raccontato dell’accidentato cammino del ddl Cirinnà che disciplinerà le unioni fra persone dello stesso sesso, alle prese con l’ostruzionismo del Nuovo Centro Destra, con le mediazioni in casa PD e con la contrarietà dichiarata di parte dell’opposizione parlamentare. Problemi che ne hanno notevolmente ritardato l’approdo in Aula, con il disegno di legge fermo in Commissione giustizia e bloccato da oltre 700 emendamenti ancora da esaminare. Proprio oggi è ripresa la discussione, ma non si registrano passi in avanti significativi.

Ora arriva l’ennesimo richiamo ufficiale da parte della Comunità Europea, affinché il nostro Paese colmi la lacuna in tema di diritti civili, che impedisce a migliaia di persone di determinare il proprio futuro in comune a prescindere dalle proprie preferenze personali. Al momento, infatti, 19 Paesi membri della Ue hanno una disciplina chiara sulle unioni omosessuali, mentre l'Italia è fra i 9 che ancora non hanno legiferato (

Il Parlamento Europeo ha dunque approvato una relazione che chiede ai 9 Paesi Europei che non hanno leggi in materia di “considerare di varare delle leggi che istituiscano unioni e matrimoni fra persone dello stesso sesso”. Si tratta di una risoluzione non vincolante nella quale compaiono parole chiare sulla necessità di “tutelare i diritti fondamentali delle persone gay, lesbiche, transgender, bisessuali e intersessuali”.

Come ricorda Il Fatto, con il rapporto approvato, firmato dall’europarlamentare del Movimento 5 Stelle, si chiede alla Commissione Europea di “presentare una proposta di normativa ambiziosa che garantisca il riconoscimento mutuo delle unioni e matrimoni registrati in altri paesi in modo da ridurre gli ostacoli amministrativi e giuridici discriminatori che devono affrontare i cittadini per esercitare il loro diritto alla libera circolazione”.

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