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Opinioni

Un paese senza padri, un paese senza uomini verticali

E’ finita la campagna elettorale più brutta di sempre, è finita nel peggiore dei modi con la corsa sul carro del vincitore.
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Erano da poco passate le 23, i primi exit poll iniziavano a girare sugli schermi degli italiani quando Matteo Salvini è andato in tv per essere il primo a mettere il cappello sulla vittoria del NO. Dopo lui una sequela di: “E' merito nostro”, “No, del mio 5%”, “No, della mobilitazione del nostro elettorato”.

Una corsa a dichiararsi "padri" di un figlio ormai grande. Una corsa sul carro dei vincitori, simile ai peggiori genitori, capaci di essere presenti solo "dopo", quando non ce n'è più bisogno. Come i peggiori padri hanno immediatamente cercato il proprio tornaconto. E lo hanno fatto perché non sono mai stati, davvero, padri.

In un paese che manca di "hombre vertical", la corsa a intestarsi la vittoria del NO è stata lo spettacolo peggiore. In tv è sfilata un'orda pronta a spolpare il risultato delle urne. Ognuno con il proprio tornaconto, ognuno con la propria legge elettorale in mano. Abbiamo assistito allo show di Brunetta che ci chiedeva di tornare al proporzionale con le preferenze (il mantra dei politici della Prima Repubblica, l'unico vero modo per rimettere in piedi il sistema di clientele); alle parole di Salvini e dei 5 Stelle che hanno invocato le urne certi che l'Italicum li favorirebbe; fino a Berlusconi, che pure di rimanere della partita si è dichiarato pronto a scriverla insieme.

E' stata la corsa a prendersi il merito di uomini incapaci di prendersi le responsabilità. La responsabilità di assicurare un esito certo delle elezioni. La responsabilità di indicare con chiarezza chi governa, la responsabilità di affidargli una maggioranza solida che non cada perché uno o due senatori cambiano casacca. La necessità di uomini verticali che se eletti non cambiano colore con la stessa facilità con la quale si cambia shampoo.

In 70 anni si sono succeduti 63 Governi e 27 Presidenti del Consiglio. Nessuno ha fatto peggio di noi. Nessuno si è crogiolato nella propria instabilità come l'Italia. Nessuno ha amato tanto quella mancanza di responsabilità, di uomini verticali, come il nostro paese.

Abbiamo fatto del qualunquismo un'arte, dell'inciucio un mezzo, del "non ti preoccupare, poi ce la vediamo noi" una ragione di vita.

Ieri sera tutti gli spettri dell'Italia che "inciucia" sono ritornati alla luce. Sono tornate parole come “Governo di scopo”, “Governo del Presidente”, che dovrebbero essere accantonate nel cassetto della Prima Repubblica e chiuse a chiave. Perché hanno generato il mostro della mancanza di responsabilità. Hanno generato un mostro che si è innestato come un gene negli italiani e ha creato aziende, cooperative, enti in cui nessuno decide mai davvero, o meglio, in cui nessuno si assume le responsabilità delle proprie scelte ma sono tutti pronti a prendersi il merito di ciò che va. Abbiamo creato un mostro onnipresente che ha fagocitato tutto, anche la certezza della pena.

Ha creato un popolo di padri incapaci di crescere, di "coltivare" i propri figli. Perché crescere richiede pazienza, visione e presenza. E chi ieri sera sbandierava le proprie ragioni non aveva nessuna di queste virtù. La mancanza di responsabili veri ha creato un popolo di mezzi uomini capaci solo a dire quello che non va. Mezzi uomini troppo compiaciuti di sé per sporcarsi le mani e costruire strade. Mezzi uomini che salgono sul carro del vincitore solo quando sono altri ad aver aperto un passaggio.

E' successo di nuovo ieri sera quando tutti si sono dichiarati artefici di un sentiero che non avevano costruito. Si sono insidiati in una strada che Renzi aveva creato ("Se perdo mi dimetto") e si sono fatti largo con la foga dell'orda. Ma quello spazio non l'avevano ideato loro, hanno saputo solo accodarsi, perché creare è il privilegio di uomini che hanno idee e loro non ne hanno.

Come in un eterno ritorno, la bocciatura della riforma voluta da Napolitano – e portata avanti da Renzi – ci riconsegna un paese da Prima Repubblica.

Un paese senza padri, un paese sin hombres verticales.

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Ex direttore d'AgoraVox, già professore di Brand Strategy e Comunicazione Pubblicitaria Internazionale presso  GES -  Grandes Écoles Spécialisées di Parigi. Ex Direttore di Fanpage.it, oggi Direttore di Deepinto.
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