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Un abitante su otto del pianeta non dispone di acqua potabile

Quasi 750milioni di esseri umani non hanno a disposizione risorse idriche necessarie per sopravvivere.
A cura di Davide Falcioni
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Cade il 22 marzo la Giornata Mondiale per l acqua, occasione per fare bilanci sul presente e riflettere sul futuro delle risorse idriche del pianeta. Con un occhio di riguardo a quelle tante aree in cui l accesso all oro blu è ancora impossibile.

Quasi 750milioni di persone nel mondo non hanno accesso all'acqua potabile. Si tratta di quasi un abitante su otto del pianeta terra, di un numero immenso di uomini, donne e bambini che non dispongono dell'elemento essenziale per la vita. Il dato peggiora decisamente se si considerano anche le 2,5 miliardi di persone che, a causa di catastrofi naturali e guerre, non dispongono neanche dei servizi igienico-sanitari di base. A rivelarlo è il nuovo report di Oxfam "Savinglives: emergenza acqua", diffuso oggi, secondo cui la situazione in alcune aree del pianeta è in continuo peggioramento. In Siria, Iraq, Yemen e Sud Sudan è la guerra la principale ragione della crisi idrica, mentre in Niger, Nigeria e Ciad sono il terrorismo e le tensioni tra diversi gruppi combattenti le cause della mancanza di acqua potabile: "In queste aree di crisi dove Oxfam è al lavoro ogni giorno, intervenire tempestivamente per garantire acqua pulita, servizi igienici e sanitari, o un riparo, può fare la differenza tra la vita e la morte per intere famiglie, spesso costrette a lasciarsi tutto alle spalle e a ricominciare da zero in un altro paese" sostiene Riccardo Sansone, coordinatore umanitario di Oxfam Italia. "A oggi abbiamo raggiunto oltre 13,7 milioni di persone nelle più gravi emergenze del pianeta, ma dobbiamo e possiamo fare di più".

Sansone aggiunge: "Siamo al lavoro in una continua corsa contro il tempo per garantire la sopravvivenza delle persone intrappolate nelle zone di conflitto, portando loro acqua pulita e beni di prima necessità e per prevenire allo stesso tempo la diffusione di epidemie in aree di crisi già poverissime, dove le infrastrutture e i sistemi sanitari sono ridotti ai minimi termini".

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