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Ucciso a 16 anni da un vigile, il Comune ora rivuole i soldi del risarcimento

Mario era un adolescente di Oria (Brindisi) quando nel ’91 fu ucciso con un colpo di pistola alla testa da un vigile urbano mentre tentava di scavalcare un muretto. Ora la sua famiglia deve restituire la somma che ha ricevuto (500mila euro), con tanto di interessi e rimborsi legali.
A cura di Biagio Chiariello
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"Rischio il pignoramento dei miei beni e di un quinto del mio stipendio. Mi appello al Comune di Oria affinché non chieda indietro il risarcimento per la morte di mio fratello". A scrivere è Antonio De Nuzzo, fratello di Mario, sedicenne ucciso nel 1991 da un vigile urbano in servizio, davanti a testimoni, nel suo paese, Oria in provincia di Brindisi. La colpa del giovane? "L'aver tentato di scavalcare un muretto per assistere al palio cittadino”, spiega oggi Antonio che ha lanciato su Change.org una petizione – indirizzata al Commissario prefettizio del Comune di Oria (Brindisi) Pasqua Erminia Cicoria – che ha raccolto in meno di 24 ore oltre 16 mila firme. Nel testo dell'appello diretto all'Amministrazione del comune nel brindisino, De Nuzzo scrive: "Nel 1991 mio fratello Mario, di appena 16 anni, veniva ucciso con un colpo di pistola dietro la nuca da un vigile urbano in servizio, davanti a sette testimoni. Il  vigile è stato condannato con sentenza definitiva a 16 anni di carcere, ma ne ha scontati soltanto la metà. Non gli è mai stato imposto di risarcire la mia famiglia: la responsabilità è ricaduta sull'Amministrazione, per la quale il vigile prestava servizio".

Un risarcimento da 500,000 euro, che però la Cassazione ha recentemente annullato perché il vigile avrebbe ucciso il ragazzo per "motivi personali”.

Dopo due sentenze di condanna in primo e secondo grado – continua De Nuzzo – il Comune ha fatto ricorso: adesso, a distanza di più di 20 anni dall'uccisione di mio fratello, la mia famiglia deve restituire la somma che ha ricevuto, con tanto di interessi e rimborsi legali. Quei soldi, però, non li abbiamo più: sono stati utilizzati dai miei genitori per costruire la cappella di famiglia e per terminare la casa dove oggi vive mio padre. Parte del denaro, poi, è stata spesa per curare mia madre, ammalatasi, e poi morta, dopo la scomparsa di mio fratello".

"Sono passati più di vent'anni e al dolore e alla sofferenza sembra non sia possibile mettere fine. Nel frattempo – scrive l'uomo – mi sono sposato e ho fatto due bambini. E per la mia famiglia vorrei la serenità che io non ho avuto. Adesso, però, rischio il pignoramento dei miei beni e di un quinto del mio stipendio. Il Comune di Oria, con una delibera, potrebbe rinunciare a questi soldi per motivi umanitari. Faccio appello all'Amministrazione cittadina e al Commissario prefettizio Pasqua Erminia Cicoria perché rinuncino al denaro, permettendo alla mia famiglia una vita finalmente serena".

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