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Uccisero e seviziarono il cane Angelo e diffusero video online, condannati alla massima pena

I quattro ragazzi calabresi avevano catturato l’animale, torturandolo e impiccandolo fino ucciderlo, filmando anche la macabra scena e pubblicando i video sui social.
A cura di Antonio Palma
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Seviziarono brutalmente fino a ucciderlo il cane Angelo, riprendendo anche le disumane violenze in alcuni video girati coi telefonini e poi pubblicati online sui social per divertimento. Per questo motivo oggi i quattro ragazzi calabresi sono stati condannati dal tribunale alla massima pena prevista per questo tipo di reati: un anno e quattro mesi di reclusione ciascuno. È questa infatti la sentenza del processo per violenze su animali emessa dal giudice monocratico del Tribunale di Paola, Alfredo Cosenza, che ha disposto per i quattro la sospensione della pena subordinata all'obbligo di svolgere attività di volontariato e di pubblica utilità per sei mesi in un canile municipale o presso associazioni a tutela degli animali

Per gli imputati, oltre al pagamento delle spese processuali, anche la condanna a risarcire duemila euro a ciascuna delle venti associazioni che si sono costituite parte civile nel processo. Soddisfazione è stata espressa proprio da queste ultime dopo la lettura della sentenza. "Per la prima volta viene applicata nel nostro Paese la pena massima per le sevizie e l'uccisione di animali. Angelo, creatura inerme e indifesa, ha finalmente avuto giustizia" ha commentato a caldo Riccardo Manca, dell'associazione Animalisti italiani Onlus.

La vicenda risale al 24 giugno 2016 quando i quattro, dopo aver catturato un cane randagio a Sangineto, nel Cosentino, lo avevano torturato senza alcun motivo, colpendolo ripetutamente e con violenza fino ad arrivare a impiccarlo a un albero stringendogli una fune intorno al collo per finirlo poi a colpi di badile e bastoni. Atti di violenza che avevano anche filmato e pubblicato sul web scatenando l'indignazione degli utenti e facendo scattare le denunce. Per loro il pm aveva chiesto il massimo della pena prevista: due anni di reclusione che con il rito abbreviato sono stati ridotti a 16 mesi.

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