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“Tuo marito ti tradisce con me”. Condannata in Cassazione per molestie

Una donna che aveva telefonato alla moglie di un uomo con cui aveva avuto intrattenuto una relazione per raccontargli tutto. Ma per i giudici della Suprema Corte “la natura molesta e petulante delle chiamate” va condannata.
A cura di B. C.
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È reato rivelare alla moglie le scappatelle del marito, anche se il ‘fedifrago' era il proprio amante. Lo ha confermato la Cassazione, con la sentenza penale 28495, con la quale è stato respinto il ricorso di una donna condannata per molestie a 400 euro di ammenda, con la sospensione condizionale della pena. La signora, con alcune telefonate anonime, aveva informato la ‘rivale' della propria love story con il marito di lei, oltre ad altre due relazioni extraconiugali, tra Potenza e Bari. L’accusata si era difesa sostenendo che le chiamate era durate relativamente a lungo: la tradita non le aveva troncate, ”dimostrazione che voleva ulteriori informazioni” e non era assillata dalle telefonate.

Ma per i giudici della Suprema Corte questo non è un particolar rilevante. La mancata interruzione delle telefonate da parte della persona offesa, spiegano i magistrati, non può escludere la natura molesta delle telefonate dato che l'atteggiamento della tradita "non poteva essere interpretato come acquiescenza, tenuto conto della importanza delle rivelazioni che le erano state fatte". Insomma per i giudici in questi è assolutamente legittimo non attaccare il telefono anche se dall’altro capo c’è una perfetta sconosciuta. Secondo gli ermellini "la natura molesta e petulante delle chiamate viene giustamente ricavata dalla forma anonima delle stesse". E così la donna è stata denunciata, identificata, indagata e infine condannata

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