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Tullio De Mauro, l’ultima intervista prima della morte sulla sua amata Roma

Nell’ultima intervista prima di morire, al quotidiano “Repubblica”, aveva parlato del suo rapporto con Roma e di quanto fosse peggiorata negli ultimi tempi.
A cura di Redazione Cultura
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Tullio De Mauro
Tullio De Mauro

È stato un intellettuale di lungo corso, Tullio De Mauro, uno che ne aveva viste tante. Non solo nella cultura e nella lingua italiana. Anche se è nato a Torre Annunziata, in provincia di Napoli, la sua città è sempre stata Roma. E proprio sullo stato della città aveva rilasciato a "Repubblica" una delle sue ultime interviste, da pedone affezionato qual era alle strade della Capitale. In quell'intervista, sul finire del novembre scorso, aveva dichiarato:

Per fortuna Roma non è ancora in coma irreversibile. Non sono un medico, ma direi che si tratta di una città che non sta bene. È un malato che ne ha viste tante, ma può ancora riprendersi.

E ricordando il suo arrivo a Roma da ragazzo, subito dopo la guerra, dove frequentò il liceo classico, ha argutamente fatto notare le differenze tra la città di ieri e quella di oggi:

Si viveva in un mondo più ordinato e civile. Ora i livelli di guardia di pulizia e traffico si sono abbassati. Il fondo dei marciapiedi, poi, è ridotto a un colabrodo. Chi non ha il tempo dilatato che servirebbe per affidarsi ai mezzi pubblici o muoversi in auto, come me si assume il rischio di camminare tra buche, motorini in sosta selvaggia e rifiuti. Quello che più preoccupa, però, è l'atteggiamento dei romani. La cultura della cura finisce in casa, fuori inizia l'accettazione del degrado.

Sulla giunta Raggi e sul Movimento a 5stelle non le aveva andate a dire, anche se con il solito garbo e moderazione:

Sull'efficienza della giunta Raggi tenderei ancora a sospendere il giudizio, ma i primi passi non sono confortanti. L'integrità, invece, è una speranza. Il problema in questo senso è la macchina amministrativa. È stata infiltrata. Non ci vuole il guanto di velluto, ma il pugno di ferro.

Anche sulla possibilità che i Giochi Olimpici potessero rappresentare un riscatto per la città, aveva detto:

I Giochi sarebbero stati un'occasione, come nel 1960, per ripensare il complesso della viabilità e della mobilità in città.

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