62 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Traduce la Divina Commedia in latino: l’impresa di un medico in pensione

Chissà cosa direbbe Dante. La sua Divina Commedia, scritta in quel volgare che lui tanto amava, è stata tradotta in latino: colpa, o merito, di un medico milanese in pensione.
A cura di Federica D'Alfonso
62 CONDIVISIONI
"Dante con in mano la Divina Commedia", Domenico di Michelino, in Santa Maria del Fiore, Firenze
"Dante con in mano la Divina Commedia", Domenico di Michelino, in Santa Maria del Fiore, Firenze

Nel 1303 Dante Alighieri inizia a scrivere (in latino) il famoso trattato “De Vulgari Eloquentia”, per difendere l'idea, inusuale all'epoca, che la lingua cosiddetta “volgare” potesse assumere i caratteri di lingua letteraria e venire usata per fare poesia. Ma Dante fece molto di più: la Divina Commedia. Un'opera prodigiosa, scritta interamente nella lingua del “volgo”, la lingua nuova. Ma oggi, qualcuno è riuscito nell'ardua impresa di andare contro la volontà di Dante e di tradurre la sua Commedia in latino.

Il signor Antonio Bonelli, medico in pensione, ci ha lavorato per anni, tutti i giorni, tre ore la mattina e tre ore il pomeriggio. E alla fine ci è riuscito: ha tradotto l'intera Divina Commedia in latino, la stessa lingua che Dante aveva rifiutato. Prima di lui ci avevano provato l'abate Gaetano della Piazza e il letterato Giuseppe Pasquali Marinelli, nell'Ottocento.

Ex specialista di chirurgia pediatrica e cardiotoracica all'Ospedale dei Bambini di Milano, ma appassionatissimo di letteratura e di latino, il signor Bonelli ha all'attivo già una piccola produzione di saggi, oltre alla pubblicazione di un romanzo, un volume di racconti e una raccolta di sonetti. Una passione che ben presto è divenuta a tutti gli effetti un “lavoro”: per completare la sua traduzione infatti, Bonelli ha impiegato ben tre anni. Questa nuova versione, interamente tradotta in latino, è stata pubblicata dal Centro Tipografico Livornese con il titolo di “Dantis Alagherii Comoedia”.

I problemi di traduzione

Sandro Botticelli, La mappa dell'Inferno
Sandro Botticelli, La mappa dell'Inferno

Tre anni, tutti i giorni, tre ore la mattina e tre ore il pomeriggio: una costanza e un impegno unici, per portare a termine un'impresa che sembrava iniziata quasi per gioco, “per passare il tempo”. Un'impresa che si è però rivelata fin da subito molto complessa: molti sono infatti i problemi che Antonio Bonelli ha dovuto fronteggiare nella trasposizione dall'italiano volgare al latino.

Troppi, i neologismi da reinventare: la Divina Commedia è piena di verbi inventati da Dante stesso, che per ironia della sorte, li “tradusse” dal latino. Antonio Bonelli si è impegnato nell'operazione opposta: è così che verbi come “indonna”, “disuna”, “inluia” sono diventati “indonuit”, “disunat” e “inluit”. Antonio Bonelli non si è perso d'animo, di fronte ad un impresa che a raccontarla ha dell'incredibile: ha studiato per anni il modo migliore di rendere la sintassi, la grammatica, la costruzione della frase e soprattutto, cosa più difficile di tutte, la metrica.

“Amor, ch’a nullo amato amar perdona…” è diventato “Amor, qui nullo amato parcit, tantam…”, e la famosissima terzina iniziale, che tutti noi conosciamo a memoria, si è trasformata in “Media aetate, bona deerta fruge, in obscura silva me inveni”. Certo, il latino avrà il suo fascino, ma il suono originario di queste parole è incomparabile.

62 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views