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Tra dubbi ed incertezze, come andrà a finire il caso dei marò in India?

Tra rebus politici, dubbi giudiziari e l’evidente debolezza diplomatica del governo italiano, ci si interroga su quel che sarà il futuro di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
A cura di Biagio Chiariello
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tra rebus politici dubbi giudiziari ci si interroga sul futuro di latorre e girone

E' passato esattamente un mese da quando i due marò del battaglione San Marco sono stati fermati nella città costiera di Kochi, nello stato del Kerala, mentre erano di servizio anti-pirateria a bordo della Enrica Lexie nell'Oceano Indiano. L'India accusa Massimiliano Latorre e Salvatore Girone di avere sparato e ucciso due pescatori disarmati. Ma a distanza di quasi 30 giorni non è ancora chiaro che cosa sia effettivamente accaduto sul mercantile, per un caso che giorno dopo giorno alimenta il fuoco della tensione tra le due nazioni. L'unica cosa certa è che i due militari italiani sono rinchiusi dal 5 marzo scorso nel carcere di statale e rischiano l'ergastolo – se non addirittura la pena di morte.

UNA FACCENDA COMPLESSA – La reazione del governo italiano è avvenuta in tempo debito, ma non è stata certamente caratterizzata da quella determinazione necessaria in casi come questi. Anche alla luce del fatto che Nuova Delhi, da parte sua, ha digrignato i denti e mostrato i muscoli, restando sempre ferma sulle proprie posizioni. «I marò saranno giudicati secondo le nostre leggi» ha tagliato corto il ministro degli Esteri indiano Krishna. Una presa di posizione decisa e risoluta che agli occhi della comunità internazionale da nuova linfa allo stato indiano. Al contrario, invece, dei troppi dubbi e tentennamenti mostrati da Roma nelle ultime settimane. La tesi dell'incidente avvenuto in acque internazionali – con la giurisdizione sul caso solo italiana – è stata immediatamente rigettata dal governo indiano. La Farnesina ha poi evidenziato come «l’ingresso della Enrica Lexie in acque indiane è stato il risultato di un sotterfugio della polizia locale» e come il fermo dei due marò sia avvenuto per effetto di una palese azione coercitiva da parte delle autorità indiane. Ma lo scontro politico non è stato solo internazionale, ma anche interno. Col Ministro degli Esteri, Terzi che ha attribuito all’armatore la responsabilità della  «deviazione della rotta» del mercantile, col conseguente ingresso in acque indiane e la cattura dei due militari. Azione sulla quale «il Centro interoperativo interforze della Difesa non ha mosso obiezioni». Parole che però evidenziano una palese discordanza tra i due Ministeri – Esteri e Difesa, per l'appunto. In ogni caso, aggiunge Terzi, la Farnesina in quel momento non aveva alcuna voce «per opporsi alla decisione del comandante di far sbarcare i due marò italiani».

L'ITALIA IN CRISI DIPLOMATICA -Insomma, tra rebus politici, norme diplomatiche, dubbi giudiziari, ciò che viene fuori è sicuramente lo scarso peso politico dell'Italia. Non che sia solo il caso dei marò, a gettare ombre sul ruolo del nostro Paese nello scacchiere internazionale. L'uccisione di Franco Molinara in Nigeria e le incognite sul rilascio di Rossella Urru e gli altri italiani tenuti in ostaggio nel mondo, mettono in risalto tutta la debolezza di Roma sul piano diplomatico.Ci facciamo la figura dei «perocottai» ha esternato giorni fa, l'ex Ministro Maroni. I dubbi sul caso hanno fatto inciampare pure lAlto rappresentante per la politica estera europea, Catherine Ashton. Dopo un colloquio col premier Monti che le ha chiesto nuovamente di attivarsi per la liberazione dei marò, questi sono stati definiti in un comunicato ufficiale – poi eliminato – dell’ufficio della lady «contractors», cioé mercenari privati. Non è certo un caso se sulla spinosa questione indiana, abbia deciso di fare il suo ingresso risoluto la comunità internazionale. Tra l'UE e il Governo Indiano sono già iniziati i contatti per «trovare una soluzione soddisfacente alla vicenda».

CHI SONO I MARO'? I marò – che nel gergo della marina militare significa marinai – fanno parte del Reggimento San Marco, uno dei reparti d'élite dell'Esercito italian.  Dal 2009, insieme al Reggimento Carlotto e al Gruppo mezzi da sbarco, fa parte della neonata Forza da sbarco della Marina militare, che ha un organico di circa 2.100 uomini. L'obiettivo è quello di contrastare la spirale di incursioni dei pirati nei mari mondiali, che negli ultimi anni è venuta crescendo  in maniera esponenziale. Tutto il personale della Forza da sbarco, e in particolare i fucilieri del San Marco, è sottoposto ad un addestramento specifico e di alto spessore, per assicurare un livello di prontezza operativa, responsabilità e una flessibilità d’impiego che permetta di affrontare «ogni situazione potenzialmente pericolosa per l’incolumità del mercantile e delle persone a bordo» come garantito dal capitano di corvetta Marco Guerriero a La Stampa. Proprio l'alto livello di professionalità e abnegazione, esperienza e formazione porta ad avere dei seri dubbi sul fatto che quanto accaduto nelle acque internazionali il 15 febbraio scorso sia stato frutto di un incidente o di un abbaglio dei due militari.

COME ANDRA' A FINIRE? E' davvero incomprensibile che due ragazzi, due militari italiani – non dei mercenari – impegnati nel compimento dei propri doveri, dopo un mese guardino al loro futuro con un grosso punto interrogativo. Per di più in terra straniera. Di certo, non abbiamo elementi per emettere sentenze sul se siano innocenti o colpevoli, ma per fare ciò vi sono delle appropriate corti giudicanti. Tanto più che i fatti sono avvenuti in acque internazionali e quindi non spetta agli indiani emettere un verdetto sul caso. Il vero problema è che dalla loro parte, Latorre e Girone, non hanno la Casa Bianca o l'Eliseo. Dovranno quindi ancora attendere. Ed è lo stesso governo italiano a comunicarglielo «Preparatevi, perché ci vorranno almeno due mesi». Così il sottosegretario agli Esteri, Staffan de Mistura, in visita ai due italiani.

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