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Totò Riina è morto, la mafia no

Riina resta in cella, Tribunale nega scarcerazione. “Datemi anche 3000 anni, non mi pento”

I giudici hanno respinto l’istanza presentata dai legali del boss mafioso che chiedevano il differimento della pena per problemi di salute. Secondo i magistrati l’ex capomafia “non potrebbe ricevere cure e assistenza migliori in un altro reparto ospedaliero”.
A cura di Antonio Palma
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Riina in carcere (da Quarto Grado)
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Il boss mafioso Totò Riina resterà rinchiuso in cella. I giudici del Tribunale di sorveglianza di Bologna infatti oggi hanno rigettato l'ennesima richiesta di scarcerazione  presentata nei giorni scorsi dai legali del boss corleonese. L'istanza chiedeva il differimento della pena in una struttura adeguata per la malattia dell'ergastolano o, in subordine, la detenzione domiciliare, ma la Corte ha respinto totalmente la richiesta  riunendo due procedimenti sul caso e decidendo di rigettare entrambe le petizioni. Salvatore Riina "non potrebbe ricevere cure e assistenza migliori in altro reparto ospedaliero ossia nel luogo in cui ha chiesto di fruire della detenzione domiciliare", motivano i magistrati in merito alle condizioni di salute del boss di Cosa Nostra. Per i giudici è "palese", a Parma, "l'assoluta tutela del diritto alla salute sia fisica che psichica del detenuto"

Totò Riina resta dunque in custodia sotto il regime del 41 bis, il carcere duro previsto per gli esponenti mafiosi, nel reparto riservato ai carcerati dell'ospedale di Parma dove è stato trasferito a causa dei problemi di salute che lo hanno  colpito. La richiesta era partita alcune settimane fa a seguitodella pronuncia della Corte di Cassazione che, per la prima volta, aveva accolto il ricorso degli avvocati di Totò Riina, stabilendo che il Tribune di sorveglianza doveva giustificare correttamente i dinieghi alle richieste di differimento della pena in quando anche il boss mafioso ha diritto, come ogni detenuto, a una morte dignitosa fermo restando il  "spessore criminale".

Secondo la Cassazione, infatti, il Tribunale di sorveglianza aveva omesso "di considerare il complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico". Anche rivalutando l'istanza, però, il Tribunale di Bologna, competente per il carcere di Parma, ha rigettato la richiesta ribadendo che non vi è incompatibilità tra l’infermità fisica di Riina e la detenzione in visto che è costantemente monitorato e  anche ricoverato in ospedale. "Totò Riina rimane in ospedale ma è una ordinanza ampiamente ricorribile, e come tale sarà oggetto di ricorso"ha annunciato però il legale di Toto Riina, l'avvocato Luca Cianfaroni.

Alla scarcerazione di Riina  si era opposto anche il procuratore generale di Bologna, Ignazio De Francisci, sottolineando la capacità del boss di guidare ancora le attività criminali mafiose  come dimostrano le minacce degli ani scorsi dal cella del carcere contro magistrati e giudici. Del resto Riina non si è mai pentito né dissociato dalla mafia di cui ha rappresentato l'ala più stragista. La decisione del Tribunale arriva proprio nel giorno dell'anniversario del strage di via D'Amelio, un attentato voluto dai corleonesi per uccidere Paolo Borsellino  e costato la vita al magistrato e alla sua scorta.

Riina: "Io non mi pento, possono darmi anche 3000 anni"

"Io non mi pento…a me non mi piegheranno" e "Io non voglio chiedere niente a nessuno … mi posso fare anche 3000 anni no 30 anni". Queste le parole dell'ex capomafia rivolte alla moglie Antonietta Bagarella, secondo quanto trapela in un colloquio video-registrato avvenuto lo scorso 27 febbraio. Le parole del dialogo sono state registrate "nel contesto di uno scambio di frasi su istanze da proporre", scrivono i giudici, secondo i quali è "degno di nota" il fatto che Riina asserisca che "non si piegherà e non si pentirà' mai". E "altrettanto significativo" è un passaggio durante il quale i coniugi "giungono ad affermare che i collaboratori di giustizia vengono pagati per dire il falso".

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