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Torture e maltrattamenti, The Guardian rivela come l’intelligence britannica interrogava i detenuti

Il quotidiano britannico rivela le politiche utilizzate durante l’interrogatorio dei detenuti. Ne esce fuori un quadro desolante in cui le agenzie di intelligence risultano inevitabilmente coinvolte.
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guantanamo

Quello che emerge dai documenti relativi alle politiche usate durante gli interrogatori dei prigionieri nel Regno Unito ricorda la leggenda dell'uovo di Colombo. Ne esce fuori una situazione ormai nota da anni in cui i detenuti vengono torturati per capire informazioni interessanti. Il fine ultimo della sicurezza nazionale si veste di orgoglio e disumanità malcelando un innegabile sadismo.  Dai documenti di cui ha preso visione The Guardian si può affermare con certezza che gli agenti del MI5 e MI6, le due principali agenzie di intelligence britanniche, erano abitualmente dediti ai maltrattamenti dei prigionieri.

La politica di interrogatorio segreto è stata applicata da MI5 e MI6 in Afghanistan nel gennaio 2002. In quell'occasione venne autorizzata nei confronti dei prigionieri musulmani che erano già stati maltrattati da membri delle forze armate statunitensi in altri luoghi. Così come si legge nel pezzo del quotidiano britannico:

A number of men, mostly British Muslims, have complained that they were questioned by MI5 and MI6 officers after being tortured by overseas intelligence officials in Pakistan, Bangladesh, Afghanistan and Guantánamo Bay. Some are known to have been detained at the suggestion of British intelligence officers.

Nel corso del 2004,  un'altra sostanziale modifica e successiva ampliamento ha caratterizzato il documento; in quell'occasione si ebbe notizia di attentati contro il Regno Unito da parte di altri musulmani britannici. Nel 2006, la pratica subisce un'ulteriore battuta d'arresto a seguito di un'indagine su un attentato aereo. Attualmente il documento intitolato "La politica dell'Agenzia in collaborazione con sicurezza all'estero e servizi segreti in relazione ai detenuti che possono essere soggetti a maltrattamenti", illustra ai funzionari dei servizi segreti le modalità e domande da rivolgere ai detenuti.

Il documento, nei primi stralci, rinnega l'appoggio e l'incoraggiamento, da parte delle agenzie, all'utilizzo della forza e  di altre misure violente per ottenere confessioni dei prigionieri. Ad ogni modo, non si esclude in toto quest'evenienza o comunque non la si condanna tout court. Tutt'altro. Tra le "edificanti" regole  redatte per gli agenti dell'intelligence una in particolare denota quanto in realtà le intelligence ci siano dentro fino al collo: in uno stralcio si legge che gli agenti durante gli interrogatori dovranno calibrare le torture e i trattamenti degradanti in base al valore delle informazioni che si aspettavano un prigioniero potesse custodire. Insomma "che senso ha umiliarti fino allo stremo se hai da dire poco e male? Meglio concentrare l'attenzione e le forze su qualche detenuto più interessante e utile" sembra  voler dire la regoletta.

La preoccupazione dell'intelligence, inoltre, riguarda l'integrità e la sicurezza delle agenzie in quanto, si legge:

"Se esiste la possibilità che le informazioni saranno o sono state ottenute attraverso il maltrattamento dei detenuti, le conseguenze negative possono includere potenziali effetti negativi…"

Una frase che dimostrerebbe che gli agenti non sarebbero estranei ai trattamenti poco rispettosi dei prigionieri. Uomini per cui la dignità resta un vago ricordo quando non una beffa.  E ciò è palese guardando le immagini ma anche leggendo attentamente tra le pieghe di quello che ormai si può chiaramente definire come "il manifesto degli orrori".

Il documento, infatti, in uno dei suoi passaggi chiave  dimostra come le agenzie d'intelligence avessero esigenza che, qualora fossero presenti, rimanesse segreta l'esistenza di  questi interrogatori feroci. Una caratteristica necessaria per scongiurare l'ipotesi di una maggiore violenza nelle cellule terroristiche islamiche, di cui Al Queda era regista. Le agenzie temevano un incremento delle azioni terroristiche con conseguenti problemi per la sicurezza nazionale.  Non solo, la preoccupazione maggiore riguarda anche la reputazione delle agenzie, deturpata in maniera seria qualora fossero state rese note le pratiche degli interrogatori.

Ad ogni modo, l'indagine sulle torture britanniche è  attualmente in corso. Ad indagare ci sarebbe un ex giudice in pensione, un certo Gibson, che in passato fu commissario dei servizi d'intelligence che potrebbe aiutare a risollevare la compromessa situazione degli agenti britannici. Ciononostante il Governo britannico nega l'esistenza di un conflitto d'interessi. Tra violazione dei diritti umani e del diritto internazionale sono tutti in attesa dei riscontri  sulla "più ampia indagine condotta in merito all'assunzione di comportamenti potenzialmente criminali".

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