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Torino, coppia gay cacciata dal condominio: “Ci hanno perseguitati e costretti a lasciarci”

Dopo due anni di insulti, atti vandalici e violenze dagli inquilini dello stabile (uno è stato pure denunciato per stalking), la coppia esasperata ha deciso di lasciare la casa che avevano comprato. E alla fine i due compagni si sono separati.
A cura di Biagio Chiariello
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Il cartello apparso ieri sul citofono del condominio
Il cartello apparso ieri sul citofono del condominio

Ruote tagliate, atti vandalici, insulti verbali, svastiche nella cabina dell'ascensore, denunce per accuse completamente campate in aria. Sta facendo molto discutere la vicenda del “condominio antigay” di via Paravia 14 a Torino: sono stati i diretti protagonisti a raccontare tutto in un’intervista a La Stampa.  La questione è sfociata anche in un processo con la procura di Torino che ora chiede una condanna a otto mesi per stalking. Alla sbarra c'è però un solo imputato, un uomo di 63 anni, che respinge ogni accusa. Ma Luca (nome di fantasia) , 30 anni, e il suo ex compagno, sarebbero stati bersaglio di tutto il condominio: “Nessuno ci ha appoggiato. Due vicini si sono chiamati fuori, ma non possiamo certo parlare di sostegno”. Il giovane racconta che i problemi sono iniziati sin dall’inizio: “Avevo comprato l’appartamento al quinto piano, ma ancora non ci abitavamo: stavamo ristrutturando, e già allora sentivamo una curiosità morbosa attorno a noi. E già protestavano, ci creavano problemi, lamentavano dai lavori danni inesistenti”.

Quando è diventato chiaro che erano una coppia, le cose sono drasticamente peggiorate per Luca e il suo compagno: “La moglie dell’imputato ci gridava da balcone: ‘Sembrate due donnine innamorate’. Una vicina ci ha accusato per le piante sul terrazzo: diceva che creavano umidità e facevano arrugginire le ringhiere. È andata dai carabinieri a denunciarlo”. La coppia parla di violenze tanto gravi da costringerli a mettere le inferriate alla porta e una videocamera: “Mi hanno tagliato le gomme della macchina una quindicina di volte. Le scritte in ascensore e le svastiche ricomparivano ogni volta che venivano rimosse. E gli altri vicini – continua – dicevano che era colpa nostra, che dovevamo andarcene”. L’episodio più grave, in piazza Barcellona. Dopo l’ennesima lite con il vicino a processo, stavano andando alla polizia: “Un gruppo di ragazzini ci ha accerchiato. Tra loro conoscevamo solo la figlia del vicino. I riferimenti alla nostra sessualità erano chiari, ho provato a chiamare le forze dell’ordine, ma hanno buttato a terra il cellulare e lo hanno distrutto. Poi mi hanno picchiato. Ho ancora le cicatrici” racconta Luca a La Stampa.

Una vita rovinata, un amore finito: “Ormai parlavamo solo di vandalismi, minacce, avvocati, azioni legali. Questo non fa bene a una coppia” dice affranto il ragazzo. E alla fine la decisione di lasciare l’appartamento: “Ho pagato la casa 150 mila euro da ristrutturare, l’ho venduta ristrutturata a 120 mila euro”.

"L'omofobia non ha diritto di cittadinanza. La vicenda dei due ragazzi costretti ad andarsene dal condominio nel quale avevano trovato casa, ci riempie di sdegno e di tristezza. Torino non si riconosce nella violenza meschina con cui si è data voce alla più retriva forma di discriminazione: quella basata sull'orientamento sessuale", ha commentato il sindaco, Piero Fassino, rivendicando il fatto che Torino ha aperto il Servizio Lgbt "che opera ogni giorno perché questa condizione di eguaglianza sia reale".“

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