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Tirocini e stage per i rifugiati: accordo Governo – Confindustria

Il ministero degli Interni e il presidente dell’associazione degli industriali hanno firmato un accordo che prevede l’attivazione di percorsi di formazione e inserimento al lavoro destinati ai rifugiati accolti dall’Italia, circa 90mila persone.
A cura di Charlotte Matteini
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Conferenza stampa di Angelino Alfano

Siglato tra il ministro dell'Interno Alfano e il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia un protocollo per l'inserimento al lavoro dei rifugiati accolti in Italia, circa 90.000 persone, stando agli ultimi rilievi statistici. Un percorso graduale, della durata di 3 anni, che prevede l'avvio di iniziative comuni per l'inserimento, a partire dalla sottoscrizione di particolari convenzioni per l'attivazione di tirocini presso le imprese associate a Confindustria. Un caso unico al mondo, dice la stessa associazioni degli industriale, presentando il progetto il 21 giugno scorso. "Dobbiamo garantire accoglienza e sicurezza, ricordando che gli attentati in Francia ed in Belgio sono stati fatti da cittadini europei, con passaporti e vestiti europei, non da gente arrivata con un barcone. Per questo bisogna stare attenti a non piantare il seme dell'odio che dopo un po' di anni si trasformerà in un clima di rifiuto, nella banlieue", ha dichiarato il ministro Angelino Alfano durante la conferenza stampa.

"L’integrazione è una grande sfida. E, se non riusciamo, la conflittualità e i costi saranno un problema per il futuro", sostiene il presidente dei Confindustria, Vincenzo Boccia il quale sottolinea inoltre quanto sia necessario costituire una società aperta e inclusiva, che poggi le sue fondamenta su un modello capitalistico moderno, "non selvaggio". L'accordo, quindi, concederà opportunità lavorative e professionali ai rifugiati che ne avranno titolo, coadiuvati dall'aiuto di Confindustria e Ministero degli Interni. "Confindustria ha avuto un approccio molto coraggioso. Avrebbe potuto tenersi alla larga da un argomento così spinoso. E invece noi abbiamo la responsabilità di piantare il seme dell’integrazione per raccogliere in futuro il frutto della pace", ha proseguito il ministro Alfano, ricordando che tra gli impegni dell'associazione degli industriali c'è il sostegno al cosiddetto "Migration compact", ovvero la proposta governativa che prevede l'erogazione di aiuti economici a quei Paesi che aiutino nel controllo dei flussi migratori e che aiutino a reprimere il fenomeno del traffico di migranti. Il piano proposto dall'Italia, però, andrebbe finanziato da bond europei e su questo punto gli Stati membri non hanno trovato un accordo ancora. Secondo Confindustria, invece, sarebbe necessario "riattivare i flussi migratori, incoraggiando gli arrivi di persone qualificate e arginando l’immigrazione irregolare".

All'articolo 1 del protocollo si legge che "il presente Accordo ha per oggetto l’avvio di una collaborazione a sostegno del percorso di integrazione dei beneficiari di protezione internazionale, ospiti del Sistema di accoglienza nazionale, che permetta un migliore inserimento nel contesto sociale volto a favorire l’integrazione e una coscienza della partecipazione", mentre all'articolo 2 vengono definiti gli obiettivi dell'accordo Interni – Condindustria, ovvero "promuovere e sostenere percorsi formativi rivolti ai titolari di protezione internazionale presso le imprese associate a Confindustria mediante l’attivazione di percorsi nelle imprese che aderiscono alle iniziative e che manifestano un fabbisogno specifico di personale".

Un'immigrazione qualificata apporta numerosi vantaggi all'economia del Paese ospitante, come si evince dal rapporto pubblicata settimana scorsa dal Centro Studi Confindustria. Secondo lo studio, infatti, gli immigrati regolari contribuirebbe per 120 miliardi di euro al Pil italiano, ovvero circa l’8,7% del prodotto interno lordo totale, un dato che parametrato a quello di 12 anni fa appare in netta crescita (nel 1998 ammontava invece al 2,3%). "Senza il contributo degli stranieri, il Pil italiano sarebbe cresciuto meno negli anni di espansione e caduto di più durante la crisi". Gli immigrati, quindi,  non sottrarrebbero il lavoro agli italiani perché "in media sono poco istruiti e tendono a svolgere lavori poco appetibili", spiegano gli studiosi del centro Confindustria . In pratica, gli immigrati offrirebbero prestazioni lavorative che in qualche modo vengono rifiutate dagli italiani "spesso occupando quelle caselle che le nostre imprese, nonostante tutto, faticano a riempire" e creando inoltre un impatto economico favorevole sui conti pubblici dello Stato italiano, producendo un saldo positivo pari a 12 miliardi di euro. In pratica, nonostante un lavoratore immigrato paghi una quota inferiore di imposte e contributi, dall'altro lato pesa meno sui conti pubblici, usufruendo di minori prestazioni assistenziali.

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