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“The Mind’s Eye”: Henri Cartier-Bresson in mostra al PAN di Napoli

Dal 28 aprile fino al 28 luglio il Palazzo delle Arti Napoli ospita la mostra “The Mind’s Eye”, dedicata al maestro della fotografia Henri Carier-Bresson. Più di 50 scatti che coprono l’intero arco professionale: dalla giovinezza dedita alla pittura al surrealismo, fino agli anni Settanta, in un viaggio unico nei “momenti decisivi” che hanno fatto l’arte di Cartier-Bresson.
A cura di Federica D'Alfonso
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Dal 28 aprile fino al 28 luglio il Palazzo delle Arti Napoli ospita la mostra "The Mind’s Eye", una selezione di oltre 50 opere dell'immenso corpus di immagini del maestro della fotografia Henri Carier-Bresson. Inserita nel programma del Maggio dei Monumenti 2016, l'esposizione è stata promossa dall’associazione ACM Arte e Cultura in collaborazione con la Fondation Henri Cartier-Bresson Magnum Photos e dal Comune di Napoli.

Scomparso nel 2004, Cartier-Bresson è stato senza dubbio uno dei più grandi fotografi del Novecento, tanto da meritarsi l'appellativo di “occhio del secolo”: ha vissuto il surrealismo, la guerra Fredda, la guerra Civile Spagnola e la seconda Guerra Mondiale, sempre con uno sguardo lucido, attento e mai retorico. Negli anni Settanta si allontana dal fotoreportage, ma continua a dar vita ad alcune fra le esperienze artistiche più importanti del secolo, come la Magnum Photos: tutto questo, e molto di più, nel racconto della mostra al Pan di Napoli.

L'esposizione, situata al secondo piano del Palazzo, copre l'intero percorso professionale del grande fotografo: da giovane si dedica alla pittura, grazie allo zio da cui apprende la tecnica ad olio, ed approfondisce i suoi studi presso il pittore cubista André Lhote. Appassionato di filosofia e di arte e letteratura inglese, studia all’università di Cambridge. Ma partire dagli anni Trenta incomincia ad interessarsi alla fotografia, fino a sposarla definitivamente.

Henri Cartier-Bresson
Henri Cartier-Bresson

Il primo viaggio in Costa d’Avorio, combinato ad una sua sensibile capacità di osservazione, lo spinge all’acquisto di una Leica, una macchina fotografia leggera, maneggevole e pratica, che porterà sempre con sé. Intraprende poi una serie di viaggi tra Francia, Spagna, Italia e Messico, che gli consentono di osservare il mondo che lo circonda e soprattutto di riconoscere nella fotografia la potenza di dilatare le capacità dell’occhio umano nell’osservazione degli eventi.

La Leica era il suo oggetto mitologico: non se ne separerà più, all’aria aperta come nell’intimità. Per strada, a casa, fra la gente, ovunque e in ogni momento, perché non si sa mai. Sono abitudini da cacciatore di taglie. Sempre pronto a sparare, sempre in agguato, appostato.

Il momento decisivo

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“Ogni volta che premo il pulsante dello scatto, è come se conservassi ciò che sta per sparire”: per lui la fotografia significa registrare una frazione di secondo, colto nei punti più remoti della terra. È nel reportage infatti, che il fotografo esprime al meglio le sue capacità, costruendo la sua arte attorno al concetto del ‘momento decisivo’.

L’attimo imprevisto e degno di essere immortalato: Cartier-Bresson ha fatto di questo unico principio fondamentale un'arte, realista e spontanea in modo puro e semplice. Esiste un istante, diceva Bresson, in cui tutti gli elementi che si muovono sono in equilibrio. Ed è quello il momento giusto, l'unico.

Fotografare è trattenere il respiro quando le nostre facoltà convergono per captare la realtà fugace; a questo punto l'immagine catturata diviene una grande gioia fisica e intellettuale. Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere.

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