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Terrorismo, due arresti a Savona: segnalati per immagini di guerra su Whatsapp

Due marocchini sono stati arrestati mentre un terzo è stato denunciato nell’ambito di un’indagine finalizzata ad accertare attività con finalità di terrorismo. Gli arrestati, da anni in Italia, sono residenti nella provincia di Savona.
A cura di Susanna Picone
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Nell’ambito di un’indagine finalizzata ad accertare attività con finalità di terrorismo la polizia ha arrestato due uomini e ne ha denunciato un terzo. Si tratta di tre marocchini di età compresa tra i 27 e i 44 anni, tutti residenti nella provincia di Savona e in Italia da anni, con alle spalle precedenti per spaccio di sostanze stupefacenti, lesioni personali e in materia di falso. L’attività di indagine, diretta dalla Procura Distrettuale Antiterrorismo di Genova, è nata dopo la segnalazione di una ragazza di Savona al Commissariato di pubblica sicurezza online della Polizia postale e delle Comunicazioni e relativa a un messaggio Whatsapp pervenuto sulla sua utenza cellulare da un contatto non presente nella sua rubrica e che arrivava da un numero del Marocco. La ragazza si era rivolta alla polizia dopo aver notato che l'immagine del profilo Whatsapp era quella di una giovane con un mitra in mano e in posizione di tiro. Gli investigatori hanno quindi inviato la segnalazione alla Polizia postale di Imperia i quali hanno ricostruito che circa tre mesi prima, transitando nei pressi di una struttura data in cessione a profughi provenienti dall’Africa, la ragazza aveva prestato il proprio cellulare a uno dei marocchini residenti nella struttura che a suo dire aveva la necessità di contattare dei conoscenti nel suo Paese.

Proselitismo per lo Stato Islamico – Le indagini successive hanno quindi ricostruito una fitta rete di contatti dai quali è emerso il sospetto di possibile attivismo dei tre marocchini nel campo del proselitismo all’Isis. L’attività investigativa si è avvalsa anche di intercettazioni telefoniche internazionali e telematiche e del monitoraggio delle navigazioni in Rete, in particolare sui social network degli indagati ha evidenziato come i tre indagati creassero profili Facebook utilizzando numeri di cellulari intestati ad altre persone.

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