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Pino Maniaci rinviato a giudizio. Telejato chiude: “Zittiti dalle querele”

Mentre il fondatore viene rinviato a giudizio per estorsione, la storica emittente del Palermitano denuncia continue querele per diffamazione da parte di chiunque annunciando che per questo presto chiuderà le trasmissioni.
A cura di Antonio Palma
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"Ci stiamo guardando negli occhi, la redazione o quel che ne resta, e abbiamo deciso che così non può andare avanti. Meglio vendere tutto, meglio chiudere", così, con un comunicato sul proprio sito web, la redazione di una delle emittenti televisive storiche siciliane, conosciuta per il suo impegno antimafia, ha annunciato oggi che si appresa a chiudere per sempre Telejato. "Abbiamo creduto che qualcosa potesse cambiare attraverso questa voce libera. Ma invece non cambia e non cambierà nulla perché questa terra, per dirla con Sciascia, è irredimibile. Chi ci ama ci scusi. È stato bello" scrivono ancora dalla redazione in un comunicato dal titolo eloquente: "Signori, si chiude".

La tv di Partinico, nel Palermitano, per anni è stata indicata come un faro della lotta antimafia sull'Isola ma da alcuni mesi era stata inevitabilmente coinvolta nelle vicende giudiziarie del suo storico fondatore e gestore, Pino Maniaci, finito nel mirino della procura di Palermo con la pesante accusa di estorsione nei confronti di  alcuni sindaci della zona. Il Gup di Palermo Gabriella Natale infatti ha deciso per il suo rinvio a giudizio e Maniaci dovrà presentarsi davanti alla Seconda sezione del tribunale di Palermo il 19 luglio prossimo per la prima udienza. Secondo l'accusa, rappresentata dai Pm Roberto Tartaglia, Amelia Luise, Francesco Del Bene e Annamaria Picozzi, Maniaci avrebbe preteso favori e denaro da amministratori locali minacciandoli, in caso di rifiuto, di avviare campagne mediatiche negative nei loro confronti. Maniaci incappò nelle maglie della giustizia per caso: i carabinieri che indagavano sui clan di Partinico e sui rapporti tra mafia e politica locale scoprirono una presunta consegna di denaro al giornalista. Circostanza che insospettì gli investigatori che decisero di metterlo sotto controllo scoprendo che in cambio di piccole somme il giornalista avrebbe assicurato ai sindaci di non trasmettere presunti scoop che avrebbero potuto danneggiarli.

A far spegnere per sempre le telecamere di Telejato sembra però non siano stati solo i guai giudiziari di Maniaci ma, da quanto si legge nella nota, sopratutto la valanga di querele presentate contro la piccola emittente dai tanti protagonisti dei suoi servizi giornalistici di denuncia. "Continuano a piovere querele, questa volta non da comuni cittadini o dalla Bertolino, ma da alti magistrati, da funzionari e elementi di spicco che si occupano di  gestione dell’ordine pubblico, persino da amministratori giudiziari e da giornalisti che non sopportano le nostre reazioni alle loro provocazioni e alle “minchiate” che scrivono, il tutto nell’ambito di un impressionante attacco all’antimafia, nel tentativo di cancellarne l’esistenza" si legge infatti nel comunicato  che aggiunge: "Ci querelano persino i mafiosi, anzi i presunti mafiosi, i quali, pur essendo stato loro confiscato il patrimonio per mafia, ci accusano di diffamazione perché non esiste una sentenza che li dichiari mafiosi".

"Tutti diffamati, e noi siamo i diffamatori. Siamo costretti a parlare in generale, perché c’è chi ci ascolta e ci sta registrando, magari poi viene a chiederci copia della trasmissione, in attesa di cogliere mezza parola con cui arrivare all’obiettivo finale, cioè chiedere la definitiva chiusura dell’emittente. Ebbene, così andando avanti chiudiamo noi" concludono da Telejato.

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