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Tecnici uccisi in Libia, capo dei servizi segreti di Tripoli: “Nessun riscatto”

Le dichiarazioni di Nuh si contrappongono alle notizie venute fuori negli ultimi giorni, secondo cui sarebbe stato invece stato versato un riscatto di 13 milioni. Informazioni che il capo del Gid definisce “prive di fondamento” e ha parlato di una collaborazione “esemplare” con i servizi italiani. Mentre la vedova di Failla accusa: “Governo ci nasconde troppe cose”.
A cura di C. T.
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Il colonnello Mohamed Nuh, il capo dei servizi segreti del governo – General Intelligence Department (Gid) – di Tripoli, ha smentito il pagamento di un riscatto per i quattro tecnici italiani della Bonatti, rapiti in Libia la scorsa estate: a marzo due di loro furono uccisi durante un raid statunitense, mentre gli altri riuscirono a liberarsi. Le dichiarazioni di Nuh si contrappongono alle notizie venute fuori negli ultimi giorni, secondo cui sarebbe stato invece stato versato un riscatto di 13 milioni. Informazioni che il capo del Gid definisce "prive di fondamento" e ha parlato di una collaborazione "esemplare" con i servizi italiani. La liberazione degli ostaggi, ha aggiunto, "è avvenuta nel quadro di un'operazione dei servizi segreti, e colgo anzi questa occasione per esprimere l'apprezzamento per la collaborazione continua tra i servizi segreti italiani e i servizi segreti libici a Tripoli, convinto che la continuità di questa collaborazione avrà un impatto positivo per quanto riguarda la lotta al terrorismo in Libia e in Europa in generale: invitiamo tutti i servizi segreti europei a prendere l'esempio da quelli italiani e di non usare i canali sbagliati che non fanno parte del contesto legittimo e che non faranno altro che aumentare i rischi di terrorismo in Libia e in Europa".

La circostanza è stata confermata anche da Gino Pollicardo, uno dei due sopravvissuti al rapimento: "Se l'Italia avesse pagato un riscatto, avrebbe detto agli Usa di non bombardarci: non c'è stata nessuna operazione di liberazione, ci siamo liberati da soli, e Salvo e Fausto sono morti perché i sequestratori hanno voluto cambiare rifugio dopo i bombardamenti americani". Il nostro paese, ha aggiunto, "non può avere pagato per una liberazione che non c'è stata, se avesse pagato avremmo trovato l'intelligence fuori quando con un chiodo abbiamo aperto la serratura".

Secondo Rosalba Castro, vedova di Salvatore Failla, uno dei due ostaggi uccisi, le notizie sul presunto pagamento del riscatto significherebbero che "non è andata come ce la hanno raccontata". "La versione ufficiale – ha dichiarato non convince nel modo più assoluto. Dietro la morte di mio marito e del suo compagno di lavoro Fausto c'è qualcosa di indicibile. Ci sono troppe cose che il governo italiano ci sta nascondendo. Da quando siamo ripartiti da Roma, la Farnesina non mi ha detto nulla. I funzionari mi dissero: signora le faremo sapere. Sto ancora aspettando. Manco una telefonata per sapere come stiamo io e le mie figlie. Figurarsi la verità".

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