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Taranto, presidente dell’Arcigay picchiato: “Pedofilo, ti uccidiamo”

Luigi Pignatelli, 28 anni, presidente dell’Arcigay di Taranto, picchianti, insultato e minacciato da un gruppo di ragazzi.
A cura di Davide Falcioni
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Minacciato, insultato e picchiato perché omosessuale: è successo a Luigi Pignatelli, 28 anni, presidente dell'Arcigay di Taranto, aggredito alcuni giorni fa dapprima verbalmente, poi anche fisicamente, e con una minaccia tremenda. "Se torni ti uccidiamo". Il giovane infatti si era macchiato della terribile colpa di aver partecipato a un’attività di "educazione all’affettività" con bambini e ragazzi, svolta nel Laboratorio Urbano Cantiere Maggese che ha contribuito a mettere su nel centro storico della sua città Al termine dell'iniziativa Pignatelli è stato vittima di quella che potrebbe chiamarsi un'imboscata a tutti gli effetti, anche se lui garantisce: "Taranto non è omofoba, è solo la città meno capace in Puglia di fare rete nel nome dei diritti dei gay".

"Stavamo svolgendo le attività del nostro laboratorio – racconta il 28enne al Corriere del Mezzogiorno – quando ho sentito dei rumori. Alcuni ragazzini, di 12 anni e poco più, avevano preso di mira la porta a vetri della nostra associazione con pugni e calci. Ho provato ad aprire quella porta e a chiedere se volessero partecipare, ma mi hanno insultato. “Mi fai schifo, sei un pedofilo”, mi hanno detto. È stata una brutta botta, quell’insulto". Pignatelli ha chiuso l'uscio ed è tornato a quello che stava facendo, ma per il branco non era ancora finita. "Erano una decina, i più piccoli sui 12 anni, il più grande sui 20. Mi hanno accerchiato e hanno cominciato a sputarmi in faccia e sul giubbotto. Ho capito che la situazione stava degenerando, e ho cercato di allontanarmi, ma mi hanno trattenuto. E a quel punto hanno iniziato a prendermi a schiaffi e pugni". Grazie all'intervento di alcuni membri di quelle famiglie che stavano partecipando al Laboratorio Pignatelli è riuscito a fuggire. "Ma un ragazzo, il più grande dei miei aggressori, mi ha raggiunto. E mi ha minacciato: “Non tornare più qui o ti uccidiamo”, mi ha detto in dialetto".

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