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Surriscaldamento globale, 2014 l’anno più caldo di sempre in Europa

Gli scienziati autori dello studio sui cambiamenti climatici hanno messo sul banco degli imputati le emissioni di gas serra, mettendo in correlazione la frequenza dei disastri ambientali con le alte temperature.
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Il 2014 è stato l'anno più caldo registrato nella storia dell'Europa. E, secondo un numero sempre crescente di scienziati, l'innalzamento delle medie climatiche sarebbe legato a doppio filo alle emissioni di gas inquinanti che avrebbero scombussolato l'equilibro ambientale planetario. Secondo i dati attualmente disponibili l'anno che si appresta a terminare è stato 35 volte più caldo delle medie precedenti, facendo scattare ulteriormente il campanello d'allarme sugli effetti disastrosi delle emissioni di gas serra per l'intero ecosistema.

La studio internazionale

A lavoro sui dati raccolti sia a terra che dallo spazio sono, tra gli altri, gli specialisti del Reale Istituto di meteorologia olandese, l'Università di Melbourne, l'Università Nazionale australiana, l'Università di Oxford e l'ufficio meteorologico britannico. “La nostra ricerca ha focalizzato su modelli climatici su piccola scala, attraverso dei zoom in sintesi, che tuttavia sono applicabili su superfici ben più ampie di quella regionale – ha affermato al Guardian Myles Allen, docente presso l'Università di Oxford –. Ed è particolarmente interessante che sebbene abbiamo operato su una scala così ridotta e relativa al solo Regno Unito, abbiamo potuto notare un impatto sostanziale delle attività umane nei cambiamenti climatici e nello specifico in relazione all'innalzamento delle temperature su scala locale e globale”. Per quanto riguarda il solo suolo britannico emerge che il 2014 sia stato un anno particolarmente caldo, facendo registrare un autunno straordinariamente tiepido – con giornate estive vere e proprie –, continuate per tutto il mese di ottobre facendo crescere la media stagionale di un fattore pari a dieci. Per quanto riguarda, invece, l'intera Europa la ricerca – che sarà a breve pubblicata sulle riviste scientifiche internazionali – mette in evidenza come le temperature, sempre relativo allo stesso periodo dell'anno e degli anni precedenti, siano cresciuto tra le 35 e le 80 volte, mettendo in evidenza come il cambiamento climatico sia stato fortemente percepito anche dalla popolazione.

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La particolarità del lavoro scientifico, proposto dagli istituti di ricerca al lavoro sul tema, è che prova a mettere in correlazione diretta i dati relativi al riscaldamento globale, fenomeno noto ormai da molti anni e che vede nel report redatto nel 2007 dall'Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change, ovvero dal Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici) il documento più importante, a quelli relativi a specifici avvenimenti ambientali quali alluvioni, tempeste, uragani e ondate di caldo. Quello che lo studio cerca di portare alla luce, in altri termini, non è la particolarità degli eventi in se – che avvengono in natura da sempre –, ma l'anomala frequenza degli stessi e delle aree geografiche dove avvengono. Ad esempio ricerche precedenti hanno mostrato che il novembre record del 2011, particolarmente caldo, sia stato stato reso possibile proprio dal global warming (secondo gli scienziati del Met, l'ufficio meteorologico britannico, l'evento è collegabile al 60 per cento con i cambiamenti climatici). E se è opportuno sottolineare come il problema del surriscaldamento globale sia sull'agenda dei governi di tutti i paesi del mondo, al momento è stato fatto ancora molto poco per contrastare l'inquinamento atmosferico legato alle attività antropiche su scala nazionale.

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Il vertice internazionale sul clima, convocato dalle Nazioni Unite e tenutosi la scorsa settimana a Lima in Perù, ha aggiunto un altro tassello al complicato equilibrio tra politica, economia e necessità dell'ambiente per contrastare gli effetti negativi dell'industrializzazione. L'appuntamento su cui ora si punta a livello internazionale, è il summit di Parigi 2015 che potrebbe rappresentare (dopo tanti anni di fallimenti e promesse disilluse) l'occasione per voltare pagina e far sì che anche i governi responsabile della maggior parte delle emissioni nocive, in testa gli Stati Uniti – che non hanno ratificato il Protocollo di Kyoto e sono responsabili del 36,2% del totale delle emissioni di biossido di carbonio mondiale –, e la Cina possano contribuire ad invertire la rotta. È opportuno sottolineare, in ogni caso, che qualche piccolo passo in avanti è stato effettuato. Grazie alle politiche ambientali intraprese a livello internazionale, si pensi su tutti ai paesi del Nord Europa e alla Germania (in Europa le emissioni di gas serra sono diminuite all'1.4 per cento, grazie anche all'utilizzo delle energie rinnovabili), il livello di emissioni registrato nell'ultimo anno, per quanto ancora elevato, sia diminuito rispetto al recente passato. Nel 2013 le emissioni di gas inquinanti, relativi al ciclo del carbone, sono cresciute al ritmo del 2 per cento rispetto al 3.8 per cento registrato fino al 2003. A contribuire a tale diminuzioni di emissioni nocive ci sono anche, con tutta probabilità, le difficoltà economiche in cui si trovano Europa e soprattutto Cina che hanno rallentato il processo di inquinamento da industrializzazione massiva dell'ecosistema.

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