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Opinioni

Sulcis, a Carbonia il sindaco donna M5S che mette fine a 70 anni di sinistra

Un risultato clamoroso nella terra più povera d’Italia fra miniere e cassa integrazione.
A cura di Michele Azzu
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Roma, Torino, Milano. I numeri delle grandi città raccontano una realtà elettorale in cambiamento, parlano della crisi dei partiti tradizionali, delle strategie di voto vincenti o meno. E poi Sala, Appendino, Virginia Raggi e tutti quelli che sono finiti sulle pagine dei primi giornali e di cui, in pochi giorni, sapremo ogni dettaglio, le analisi e i retroscena.

Ma anche le piccole realtà, anche quelle “isolate” sono importanti. E possono raccontarci qualcosa di interessante, soprattutto quando nascondono dei simboli della politica di questo paese. È questo il caso di quanto accaduto in queste elezioni amministrative nel piccolo comunue di Carbonia, in Sardegna, nella regione del Sulcis.

Qui Paola Massidda, un funzionario 50enne della Asl ospedaliera locale è diventata sindaco del comune. Un risultato clamoroso e di portata storica, per tanti e diversi motivi. Anzitutto, Massidda è il primo sindaco donna. E poi, è un sindaco del Movimento 5 Stelle, che con questa vittoria spodesta la sinistra che da 70 anni governava la città.

Un risultato clamoroso, in un centro piccolo ma importante della Sardegna – e del paese intero – che fino a pochi mesi fa era capoluogo di provincia, la ex provincia più povera d’Italia, quella del Sulcis Iglesiente (che non è oggi meno povera ma è “ex” solo perché ha smesso di essere provincia dopo la riforma degli enti locali dello scorso gennaio).

È la regione italiana delle miniere, che hanno chiuso da decenni lasciando a spasso migliaia di famiglie. Quelle della vicina Buggerru, in cui un eccidio di minatori nel 1904 portò al primo sciopero nazionale d’Italia. Quei minatori e i loro discendenti si sono convertiti a lavorare nelle industrie di Portovesme: le famose Alcoa ed Eurallumina di cui abbiamo visto così tante volte gli operai a protestare davanti al ministero dello sviluppo con gli elmetti e le bandiere sarde.

Un luogo in cui anche gli operai, ormai, protestano e presidiano gli impianti arrugginiti da soli, senza più nessuna politica a dare loro supporto. L’ultima visita istituzionale della politica nazionale, infatti, risale al 2012, a quando i ministri Passera e Barca (era il governo Monti) furono costretti a fuggire in elicottero a seguito di un tavolo istituzionale, dopo essere stati quasi linciati da una folla inferocita di operai in cassa integrazione.

È in questo luogo che oggi, Paola Massidda, ha vinto le elezioni con il 61% dei voti: una percentuale quasi bulgara se si considera che la candidata del movimento di Beppe Grillo due settimane prima aveva raggiunto il ballottaggio con solo il 21% delle preferenze mentre il favorito Giuseppe Casti, di Sel e Pd aveva preso il 36% (e 38% al secondo turno). Si tratta, in numeri grezzi, di 9.200 voti contro 5.700 (l’affluenza è stata al 54%, in linea con la bassa media dell’isola, mentre al primo turno era stata il 61%).

Massidda diventa così il quarto sindaco sardo del M5S, dopo i comuni di Assemini, Porto Torres e Dorgali. Ed è probabilmente interessante notare come in tutti questi comuni siano presenti grandi drammi lavorativi dovuti a debacle industriali: a Carbonia il complesso di Portovesme, mentre a Porto Torres la chimica dell’Eni e della Vinyls, ad Assemini sempre la chimica.

In questo vuoto della politica, negli ultimi anni, Beppe Grillo è spesso stato l’unica figura politica di rilievo nazionale a includere il Sulcis nella mappa della campagna elettorale. Il voto di oggi sembra dunque aver ripagato gli sforzi. Soprattutto se si considera che alle recenti elezioni regionali il Movimento 5 Stelle non si è neppure candidato in Sardegna (pare che il M5S non fosse pronto).

Nella piccola Carbonia del Sulcis, oggi, si è scritta una pagina di storia. Ma sarà decisiva la partita sul lavoro del M5S nei prossimi anni. Conterà, soprattutto, come questi nuovi volti, eletti in contrapposizione alla politica percepita come lontana, sapranno porre rimedio ai drammi reali che nell’isola esistono da decenni. E non sono problemi da poco: sarà praticamente impossibile cambiare le cose nel corso di un mandato elettorale.

Il M5S, ad esempio, si è spesso trovato in difficoltà ad esprimere una posizione convincente sul tema delle industrie sarde, diviso fra ambientalisti radicali che vorrebbero la chiusura e le bonifiche tout court, e chi invece penserebbe anche all’occupazione. E non c’è solo l’industria a fare male, qui anche le partite Iva, gli agricoltori e gli allevatori protestano da anni per essere assistiti. La questione delle bonifiche, da sola, è una realtà a cui non basterebbero dieci mandati elettorali per essere risolta.

Da parte del governo e della Regione ci sono state infinite risposte istituzionali sulla carta. Che si sono rivelate un buco nell’acqua dopo l’altro, come il recente “Piano Sulcis” che avrebbe dovuto garantire nuove realtà occupazionali nel luogo, e che non è mai invece decollato. A dimostrazione del fatto che non basta qualche fondo buttato a caso, qualche slogan o qualche incentivo fiscale a cambiare il destino di una regione profondamente depressa.

In questo senso, il programma con cui è stata eletta Paola Massida risulta abbastanza semplice, in linea con quello del Movimento 5 Stelle nazionale. Comunicare coi cittadini, fare partecipare gli elettori, rendere pubblici numeri ed economie. Puntare di più sul turismo, che in Sardegna è da sempre panacea contro tutti i mali – ma con cui non è altrettanto facile sostenere una zona con un passato industriale durante l’arco di tutto l’anno.

Anche a Carbonia la rivoluzione anti-establishment targata Grillo è donna, come a Roma e Torino (Massidda è già stata ribattezzata “la Raggi sarda”). Eppure tutta la novità portata dal M5S e da Paola Massidda non potrà bastare a lungo per poter parlare di una svolta nella politica locale. Perché, come si diceva, in questi comuni, il voto è determinato principalmente da un dramma occupazionale di dimensioni ormai fuori controllo.

Da una distanza dei cittadini dalla politica, dall’establishment, dal continente Italia, che ha trovato nel movimento di Grillo l’unica risposta alla necessità di cambiare qualcosa, per una volta. È sull’occupazione, dunque, che Massidda e i neo-eletti sardi del M5S dovranno dimostrare di potere cambiare le cose.

Un ultimo dato importante sul risultato storico di Carbonia: se la sinistra si fosse presentata unita qui non ci sarebbe stato neanche il ballottaggio. Al 38% del candidato di Sel e Pd Giuseppe Casti, infatti, si sarebbe potuto aggiungere il 20.9% preso al primo turno da Bruno Ugo Piano, ex Pci. Il retroterra culturale di sinistra qui, che nasce nelle lontane miniere, è forte. Ma una fetta importante di sinistra, qui, ha deciso di votare M5S.

E pensare che a pochi chilometri da qui, a Buggerru, nel 1904 ci fu l’eccidio dei minatori che manifestavano, e quella strage portò al primo sciopero nazionale d’Italia. Un evento che ha fatto la storia del paese, nato in un piccolo paese sardo dove la vita era durissima allora come lo è oggi. Dopo 70 anni di governo di sinistra a Carbonia tutto questo è (un po') finito.

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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