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Strage di Nizza, quello che i governi non hanno il coraggio di dire: siamo indifesi

Il dopo attentato lascia un clima di rabbia e impotenza: ma come possiamo difenderci da lupi solitari che noleggiano un camion e fanno 84 morti?
A cura di Mirko Bellis
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Dopo il brutale attentato sulla Promenade des Anglais di Nizza, l’intera Europa si scopre indifesa. La Francia, che nell'ultimo anno e mezzo ha subito altri attacchi terroristici, paga il prezzo più alto dell’offensiva jihadista, ma stavolta è diverso. "Al momento l'inchiesta non ha provato legami tra l'attentato e le reti terroristiche" ha detto il ministro dell'Interno francese, Bernard Cazeneuve. Siamo indifesi, ma nessuno, tanto meno i politici, hanno il coraggio di dircelo.

Infatti, rispetto agli attentati alla redazione di Charlie Hebdo o al massacro del Bataclan lo scorso 13 novembre a Parigi, che avevano un'evidente organizzazione militare alle spalle, l’attacco che ha preso di mira migliaia di famiglie che stavano assistendo alla festa nazionale francese del 14 luglio, fino a prova contraria, è stato messo a segno da una sola persona e per questo segna una svolta nella strategia del terrore.

L’autore della strage dove sono morte 84 persone, Mohamed Lahouaiej Bouhlel, è un “lupo solitario” ispirato dalla dottrina jihadista. Era nato a Sousse ma risiedeva da tempo a Nizza, noto alla polizia per atti di violenza, furto e uso di armi non era tuttavia schedato dall'intelligence francese. A detta dei vicini non era neppure un fervente religioso. La sua radicalizzazione è stata fulminea, immediata: "Dalla sera alla mattina" dicono. E allora come ci si difende? Come si previene tutto questo?

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Dopo il terzo grande attentato terroristico in Francia negli ultimi due anni, molti si chiedono come sia possibile sentirsi sicuri nei luoghi frequentati ogni giorno: un cinema, una scuola, un centro commerciale, una manifestazione sportiva. La strategia di questa “Internazionale del terrore” di matrice islamica ma che non ha un controllo diretto su questi rambo del terrore sembra proprio puntare sui cosiddetti soft target, più vulnerabili e meno controllati degli obiettivi sensibili.

Dopo gli attentati di Parigi del novembre scorso, il presidente Hollande aveva decretato lo stato di emergenza in tutta la Francia e nonostante tutte le misure di sicurezza e l’opera di controllo e prevenzione dei servizi segreti, un attentatore solitario ha potuto sconvolgere ancora una volta le vite di tanti innocenti, semplicemente noleggiando un camion. Nizza, inoltre, è la città più videosorvegliata di Francia dove c’è una telecamera ogni 273 abitanti in grado di individuare i comportamenti anomali delle persone o delle auto che si spostano lungo le strade della città. Neanche il "Grande Fratello" sembra dunque proteggerci di fronte all'azione di un individuo come Bouhlel.

Ma oltre alla sensazione di insicurezza che è uno degli obiettivi dei terroristi, gli attentati come quello di ieri producono rabbia e impotenza. L’aver agito nel giorno della festa nazionale francese, poi, sembra rappresentare un chiaro segno di sfida nei confronti dello Stato e di tutta la società francese. Che l’attentato sia frutto della mente di un pazzo oppure parte di un disegno più ampio per aggravare la crisi sociale e politica in Francia è presto per dirlo.  L’esasperazione di fronte a tante morti assurde però è facile bacino di consensi per quelle forze politiche che vedono nell'Islam o nello straniero il nemico da combattere. Un clima da guerra civile in Francia, o addirittura in Europa, che ci veda contrapposti ai musulmani sarebbe il miglior regalo agli estremisti.

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Ancora una volta, passata la commozione, bisognerà invece che i governi europei proseguano nella loro azione di prevenzione. Rafforzare le reti dell’intelligence, perché questa nuova forma di terrorismo non si avvale solo di commando militari strutturati, reti finanziarie protette e canali commerciali illegali ma, come si è visto, anche di “cani sciolti”, terroristi spontanei che rispondono autonomamente alla propaganda della Jihad globale. E’ necessario, inoltre, il coinvolgimento della comunità musulmana europea nella denuncia degli elementi più estremisti per arginare il fenomeno sul nascere.

Dovrebbero essere messe in campo, infine, decise azioni contro la propaganda jihadista per contrastare la capacità di attrazione che ancora riesce a penetrare in larghi strati della popolazione europea e non solo. Non dovremmo mai dimenticare che molti degli attentati che hanno insanguinato l’Europa sono stati commessi da persone nate e cresciute nelle metropoli europee.

L’attuale crisi europea non è solo economica. Lo sfaldamento dei valori culturali e sociali è un’altra delle cause che portano persone come Bouhlel a decidere di compiere una strage. Lo Stato islamico e il jihadismo in generale sono diventati una sorta di rifugio per alcune persone instabili che credono di dare un senso alle loro vite commettendo questo genere di eccidi in nome di una causa. O forse semplicemente in nome dell'odio. Già, l'odio. Che sia questo il nemico, questo sì comune, che richiede lo sforzo di tutti, senza bandiere o religioni?

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