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Strage alla Love Parade, a sette anni di distanza la Germania processa gli organizzatori

Dopo un’iniziale archiviazione, ora la corte di Dusseldorf ha accolto il ricorso delle famiglie delle 21 vittime, tra cui l’italiana Giulia Minola, e rinviato a giudizio 10 persone, 6 dipendenti del comune di Duisburg e gli organizzatori della manifestazione techno.
A cura di Charlotte Matteini
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Giulia Minola
Giulia Minola

Da molti anni ormai Nadia Zanacchi combatte per ottenere giustizia. Il 24 luglio del 2010 la figlia Giulia Minola morì a 21 anni schiacciata dalla folla in fuga dalla Love Parade di Duisburg. Da quel momento Nadia Zanacchi ha cercato in ogni maniera di ottenere un giusto processo che indagasse sulle reali cause della morte della figlia e sulle eventuali responsabilità degli organizzatori della manifestazione musicale per carenze di sicurezza. Nel 2016, però, il tribunale di Duisburg aveva archiviato l'inchiesta, ma ora invece la corte d'Appello di Dusseldorf ha accolto il ricorso delle famiglie delle 21 vittime e quindi a breve verrà celebrato il tanto attesto processo. A processo finiranno dieci persone, che devono rispondere di omicidio colposo:  sei dipendenti del comune di Duisburg  e quattro componenti della società organizzatrice dell'evento.

"Le responsabilità sono di tutto il sistema, non è pensabile che possa ricadere tutto su un dipendente comunale o su un impiegato della società che organizza i concerti. Loro diranno che hanno eseguito degli ordini ma noi puntiamo ad arrivare a chi quegli ordini li ha dati». E sulla vicenda processuale dice che «altri genitori non avevano trovato la forza di rilanciare l'azione con la raccolta firme e il coinvolgimento della stampa. Io ho scelto di andare avanti e ora ritrovo fiducia nel sistema", ha dichiarato la mamma di Giulia, che a processo si costituirà, insieme alle famiglie delle altre 20 vittime, parte civile.

In un'intervista rilasciata a Fanpage.it nel luglio del 2016, Nadia Zanacchi spiegò che "il tribunale di primo grado ha detto che non si poteva procedere con gli elementi che avevano in mano, adesso la palla è passata alla Corte d'Appello che dovrà decidere se ciò che sostiene il tribunale è corretto, oppure se ci sono gli elementi per poter celebrare il processo" e che "i vertici e i politici che sponsorizzarono l'evento sostenendo potesse rilanciare l'immagine della città di Duisburg, per esempio, non sono nemmeno stati toccati dall'indagine, perché secondo la legge tedesca si può essere considerati penalmente responsabili solo se sussiste una corrispondenza diretta tra causa-effetto".

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