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Storie d’acqua, dai barili alle cannucce: così il mondo combatte la guerra alla sete

Le Nazioni Unite avvertono che entro il 2025 1,8 miliardi di persone vivranno in Paesi o regioni con assoluta scarsità idrica. Milioni di persone non dispongono di una sorgente di acqua potabile vicina e per raggiungere un pozzo devono impiegare molte ore e in molti casi l’utilizzo di acqua contaminata ha gravi conseguenze sulla loro salute. L’ingegno dell’uomo però ha saputo creare delle straordinarie invenzioni per non sprecare nemmeno una goccia di questa risorsa vitale.
A cura di Mirko Bellis
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Il 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell’acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 per evidenziare la necessità di preservare e rendere accessibile a tutti questo elemento fondamentale per la vita umana. Perché sprecare l’acqua? E’ questo il messaggio che quest’anno l'Onu ha voluto lanciare per ricordarne l’importanza. I numeri sono allarmanti: nel mondo – secondo i dati delle Nazioni Unite – entro il 2025 1,8 miliardi di persone vivranno in Paesi o Regioni con assoluta scarsità idrica e due terzi della popolazione mondiale potrebbero essere in condizioni di ‘stress'. Oltre 663 milioni di persone non hanno una sorgente di acqua potabile vicina e devono impiegare molte ore per raggiungere un pozzo dove, in molti casi, l'utilizzo di acqua contaminata ha gravi conseguenze sulla loro salute. Anche per quanto riguarda il consumo d’acqua esistono al mondo profonde disuguaglianze. Nei Paesi più ricchi il consumo medio è stimato in trecento litri al giorno, e se ogni abitante degli Stati uniti arriva ad utilizzarne quasi quattrocento, per chi vive in Africa i litri a disposizione sono meno di venti, l'equivalente ad una doccia di poco più di un minuto. 

Ma, in tutto il pianeta, attraverso piccole invenzioni si cerca di non sprecare nemmeno una goccia di questo prezioso elemento.

I barili rotanti in Africa

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Se c’è un continente al mondo dove l’acqua è considerata un bene prezioso, questo è sicuramente l’Africa. Lo sanno bene le donne sub-sahariane che, secondo i dati Onu, devono trasportare sulla loro testa o sulle spalle fino a diciotto chili di acqua (l’equivalente di un bambino di cinque anni). Molto spesso i pozzi distano anche molti chilometri dai loro villaggi e non sono solo le donne ad occuparsene ma anche i bambini sono impegnati nella raccolta dell'acqua. E’ per questo che nel 2006 da una Ong inglese è nato il progetto Roll Out The Barrel. Un semplice recipiente dotato di maniglie e cuscinetti in grado di farlo ruotare rendendo possibile trasportare fino a trenta litri di acqua con il minimo sforzo. Ma i benefici dei barili rotanti sono molteplici: diventa più semplice e veloce raccogliere l’acqua, inoltre, essendo sigillati viene ridotto il rischio di contaminazione e sarà minore lo spreco rispetto ai metodi tradizionali di trasporto. Infine, ci vorranno meno viaggi al giorno da e verso la fonte d’acqua con un notevole risparmio di tempo. Grazie anche alla collaborazione del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) questi barili rotanti hanno cominciato a diffondersi in diversi Paesi africani e asiatici.

Lifestraw, la cannuccia che depura l'acqua

LifeStraw

 

Per cercare di ridurre la mortalità legata alle malattie contratte bevendo acqua infetta, nel 2005 è nato LifeStraw, un dispositivo simile ad una cannuccia lunga 30 cm con circa 3 cm di diametro in grado di filtrare l'acqua in modo da renderla potabile. Questo rivoluzionario depuratore porbtatile prodotto da un’azienda svizzera permette di bere in modo sicuro da qualsiasi fiume, lago o anche pozzanghera. LifeStraw rimuove quasi la totalità dei batteri responsabili di malattie come tifo, colera, dissenteria. E’ capace di filtrare fino a 1000 litri di acqua contaminata, il fabbisogno di una persona per un anno. Dal momento del suo primo utilizzo nel 2005 dopo il terremoto che devastò Haiti, questa cannuccia filtrante è stata distribuita in molti Paesi colpiti da catastrofi naturali.

Sapone con acqua di scarico: la sfida delle donne in Kenya

Kenya sapone con acque residue

Una gestione sostenibile dell’acqua passa anche per il riutilizzo delle componenti meno nobili. Le acque grigie – una parte rilevante delle acque domestiche – finiscono direttamente nello scarico ma, con opportuni trattamenti, è possibile il suo recupero e il riutilizzo per altri usi quotidiani. E’ quello che stanno sperimentando in alcune zone del Shompole, in Kenya. Le donne locali raccolgono le acque grigie dentro serbatoi dove dei filtri rendono possibile il loro riutilizzo per fare il sapone. La produzione del detergente, tra l’altro, consente alle donne keniote di ricavare un reddito per il loro sostentamento.

Gli atrapaniebla, i catturanebbia del Cile

Catturanebbia Perù

In Cile, nel deserto di Atacama, uno dei luoghi più secchi al mondo, per risolvere il problema della scarsità d’acqua hanno creato gli atrapaniebla (letteralmente catturanebbia). Mediante grandi reti di polietilene (impiegate comunemente nelle serre) fissate su due pali di eucalipto alti sei metri, la nebbia viene catturata e convertita in acqua dolce. Il meccanismo con cui avviene la cattura è molto semplice: le goccioline microscopiche della nebbia urtano contro le maglie della rete e vi rimangono intrappolate, poi, per effetto della gravità vengono spinte verso il basso e quindi raccolte in un collettore. L'acqua ottenuta in questo modo può arrivare fino a dieci litri al giorno per metro quadro di rete e, con un certo numero di installazioni, rappresentano una buona soluzione per la fornitura idrica dei piccoli comuni della costa settentrionale del Cile. Come a Chungungo, dove gli abitanti, grazie ai catturanebbia, ricavano la maggior parte dell’acqua necessaria al loro fabbisogno idrico quotidiano. L’unico inconveniente di queste installazioni è l’imprevedibilità: la raccolta d’acqua non è costante e varia a seconda degli anni e delle stagioni. Sull'esempio cileno, comunque, i catturanebbia si stanno diffondendo anche in varie località della costa del Perù.

In India è possibile riciclare 600 litri al giorno con una bici

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“La mia famiglia è composta da quattro persone e utilizza quattrocento litri di acqua ogni giorno. Mi sono reso conto della sua importanza e ho deciso di riciclarla” ha affermato Sanjay Athavle, un abitante di Kothrud, vicino a Pune, una città industriale dell'India. Athavle riutilizza le acque reflue per innaffiare le piante con l'aiuto di una pompa alimentata da una bicicletta. Grazie a questo ingegnoso meccanismo è in grado di riciclare fino a seicento litri al giorno. “L’idea mi è venuta un’estate – ha raccontato l’uomo – che qui a Pune è sempre caratterizzata da una grave carenza di acqua”. “Il processo – ha spiegato – inizia con deviare l’acqua dalle tubature del bagno ad un serbatoio dove viene purificata utilizzando sabbia, pietre e noci di cocco. Il liquido poi fluisce in un altro deposito dove ho messo dei pesci per evitare che arrivino le zanzare”. Successivamente, le pedalate della bicicletta mettono in funzione una pompa che innaffia il giardino con un sistema di irrigazione a goccia. Ogni minuto di bicicletta fornisce fino a quaranta litri di acqua e, come ha riconosciuto questo indiano di 51 anni, aiuta anche tutta la famiglia a rimanere in forma.

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