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Sorpresa: l’economia italiana gode ancora di buona salute

La recessione morde, ma a sorpresa i ricercatori del Cnr scoprono che l’economia italiana è ancora in discreta salute. Merito della sua diversificazione, mentre i limiti dimensionali delle imprese agiscono da freno…
A cura di Luca Spoldi
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Pmi italiane

Ho raccontato più volte come sia importante osservare i fenomeni economici senza fermarsi agli aspetti superficiali e si debbano cercare anche in periodi di crisi eventuali segnali positivi (purché realmente esistenti, naturalmente, altrimenti ci si illude che “la crisi non esiste” o sia solo “un’invenzione dei giornali” finché non è troppo tardi, come puntualmente accaduto in Italia in questi anni). Ebbene, una nota del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) mi sembra oggi assolutamente degna di segnalazione perché permette di fare luce su un aspetto sinora poco considerato e che dovrebbe essere invece essere tenuto in considerazione da coloro cui spetta cercare di indirizzare la futura evoluzione del nostro sistema economico (anche detto: elaborare una politica industriale).

Secondo un gruppo di ricercatori dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr) guidato dal direttore dell’istituto, Luciano Pietronero, l’elemento dominante dell’economia reale sarebbe la diversificazione dei prodotti e non la sua specializzazione, come invece prevede la teoria standard della crescita economica. Non è una sottigliezza accademica, si badi: “La diversificazione, come strategia economica – spiega nella nota lo stesso Pietronero – richiama i concetti della biologia sull’adattabilità delle specie. Si potrebbe quindi ipotizzare che in un contesto statico la specializzazione costituisca un elemento prioritario, mentre in un contesto fortemente dinamico come quello dato dalla globalizzazione, la maggiore competitività derivi al contrario dalla diversificazione”.

Naturalmente ogni ipotesi va verificata: per riuscirvi e quantificare l’effetto concreto della diversificazione, il gruppo di ricercatori italiani ha sviluppato una metrica non monetaria, che definisce il potenziale industriale di ciascun paese (“fitness”) come somma dei prodotti esportati, ciascuno dei quali ponderato per qualità o complessità. Orbene: a fronte di una generale diminuzione del potenziale industriale misurato nei paesi sviluppati, l’Italia “conserva una fitness molto elevata, la terza al mondo dopo Germania e Cina” (mentre in termini di Pil pro capite siamo solo il 23esimo paese al mondo, ndr). Siamo in declino e su questo non ci piove, ma l’economia industriale italiana resta per fortuna sua “fortemente diversificata e comprende prodotti di notevole complessità, anche se i volumi di esportazione risultano limitati, riflettendo l’organizzazione in piccole e medie imprese che ci caratterizza”, osserva Pietronero.

Insomma, il problema sembra stare più nei limiti del capitalismo familiare italiano, che finora ha impedito alla stragrande maggioranza delle nostre imprese (circa il 70% del Pil e l’80% del monte stipendi in Italia è legato all’attività di piccole e medie imprese) di crescere di taglia e occupare posizioni di maggior rilievo nel panorama economico internazionale. Peraltro se applicata “alle dinamiche economiche osservate tra il 1995 e il 2010 nei quattro paesi Bric (Brasile, India, Russia, Cina, ndr), la nuova metrica – conclude la nota del Cnr – rivela grandi e finora non apprezzate differenze: al contrario di quanto avvenuto in India e Cina, il potenziale industriale di Brasile e Russia è diminuito nel corso degli anni e l’aumento del Pil pro capite in questi paesi è il risultato dell’aumento dell’esportazione di materie prime”. Un motivo di più per scommettere sul futuro dell’Asia e per provare a osservarne con maggiore attenzione il modello economico, forse.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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