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“Sono un bambino sporco”, costretto dai genitori ad andare in giro con un cartello

I maltrattamenti nei confronti del bimbo ucraino adottato da una famiglia torinese si sarebbero protratti per sei anni: testa fasciata per farlo tacere, maltrattamenti e talvolta percosse. Il piccolo sarebbe stato costretto a zappare l’orto per ora. Ora i genitori andranno a processo.
A cura di Biagio Chiariello
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 “Sono un bambino sporco”. E’ lo scioccante cartello che un bambino di 9 anni, nato a Donetsk in Ucraina  e affidato alle cure di una famiglia italiana, sarebbe stato costretto a portare al collo come punizione. E’ stato lui stesso a raccontarlo, ora che ha 17 anni e vive in una comunità a seguito di un provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Torino. La madre e il padre, invece, sono imputati per maltrattamenti.

Il ragazzo era stato preso in cura da quella famiglia quando aveva circa 7 anni, ma la quotidianità per lui ha preso una brutta piega sin dall’inizio. “I miei genitori – ha raccontato il ragazzo agli ispettori della procura – mi portano nel bosco e mi picchiano; mi costringono a specchiarmi con un cartello appeso al collo su cui c’è scritto: ‘Sono un bambino sporco’. Mi fanno fare docce fredde, mi costringono a zappare l’orto. Mi impediscono di andare alle gite scolastiche”. Le prima ad accorgersi che qualcosa non andava sono state le maestre a scuola: il bimbo aveva vestiti grandi e sporchi, a volte aveva lividi e non profumava di pulito. I genitori, che per l’adozione erano andati in Ucraina e che vivono in un paese della cintura di Torino, hanno sempre respinto ogni accusa. “Siamo innocenti, mai usato violenza nei sui confronti” hanno sempre sostenuto.

Il ragazzo si è costituito parte civile, assistito dall'avvocato Emanuela Martini: “Siamo in un fase delicata – dice – aspettiamo la sentenza”. L’avvocato Anna Ronfani, che difende i genitori, parla di grande rammarico: “I miei assistiti non intendono commentare né il processo né le ragioni delle accuse: vivono la vicenda con infinito rammarico, perché quel rapporto era stato costruito su affetti e sacrifici, nel solco di un’esperienza maturata con iniziative di solidarietà e accoglienza verso molti bambini”.

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