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Soldi, armi ed attentati: ecco come funziona Al Qaeda in Italia

Repubblica pubblica le intercettazione relativi ai movimenti di uomini, armi, esplosivi e denaro che collegano i jihadisti operativi nel nostro paese con Francia, Pakistan e Afghanistan. Da una ragazza uccisa perché in costume da bagno dal possibile attentato in Vaticano.
A cura di B. C.
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Repubblica lo definisce “codice Al Qaeda Italia”, ed è una sorta di ricostruzione di come ha messo piede l’organizzazione terroristica nel nostro Paese, grazie a documenti esclusivi del nostro Antiterrorismo. La storia parte da Lodi, scrive Paolo Berizzi nel suo pezzo: “Settembre 2012: due giovani ‘dai tratti indo-pachistani’ si presentano in uno studio fotografico. Chiedono l'estrazione di alcune immagini da un cellulare. Solo dopo avere consegnato ai clienti le fotografie, il titolare dello studio si accorge del contenuto: il cadavere di una ragazza distesa su una branda. ‘Il volto  –  annota la Digos  –  è tumefatto e amputato all'altezza del collo; le braccia amputate all'altezza dei gomiti; le gambe all'altezza delle ginocchia’. Gli arti mutilati sono posizionati vicino al busto. È la tecnica talebana per punire chi viola il Corano. Anche chi va al mare con il costume. La ragazza  –  "sotterrata assieme al marito nella zona di Brescia"  –  si è macchiata di questa colpa. Troppo per un "guardiano della morale"  –  si definisce così  –  come Muhammad Hafiz Zulkifal. È l'imam di Bergamo e Brescia finito dietro le sbarre (ora è nel supercarcere di Rossano calabro)”.

Muhammad Hafiz Zulkifal sarebbe per gli inquirenti il capo dell'organizzazione responsabile, tra le altre cose della strage nel mercato di Peshawar, nella quale 137 persone rimasero uccise, per lo più donne e bambini, e si contarono oltre 200 feriti.

Tra febbraio e maggio 2011 l'omicidio dei "bagnanti" è ancora in fase progettuale. Zulkifal a Ajmal Khan: "Ho incaricato alcuni affiliati della zona di Gardone val Trompia di trovare l'uomo e la moglie. Ho dato anche una loro foto mentre fanno il bagno". I sicari? "Arrivano dalla Francia, li portiamo a Brescia". Estate 2011: l'esecuzione si compie. Zulkifal: "Dio ci ha protetto". Quasi. Un tale Ishaq Mohammad confessa: "Se questa cosa esce fuori dal cofano, allora quella ragazza". È il corpo fatto a pezzi. Quello delle foto sviluppate a Lodi”.

Jihad, soldi e armi

Muovono denaro i qaedisti italiani. Lo spremono dalle comunità islamiche e lo spediscono in Pakistan e Afghanistan con l'hawala, il sistema informale di trasferimento di valori. I soldi finanziano la jihad "Questa cosa non finisce fino al giorno del giudizio universale… La Jihad parte da qui…", ringhia l'"olbiese" Muhammad Siddique. "Io odio Israele, India, Inghilterra. India e Israele hanno diffuso l'immondizia nel mondo". Per pulire servono soldi. "Per favore manda 50 milioni". È l'sms inviato nel 2011 all'imam bergamasco Muhammad Zulkifal da un connazionale. Segue resoconto delle "commissioni eseguite in Pakistan". Tutti attentati. "Spedito tre persone all'inferno". "Fatto saltare una scuola in Bannu. I militari li abbiamo ammazzati!". Sahadi , martiri.
Jihad, soldi, armi. In un appartamento di Roma – registra la Digos – è custodito 1 milione di dollari. È il "forziere" della cellula qaedista sparsa tra la Capitale, la Sardegna, Milano, Brescia, Bergamo, Novara, Civitanova Marche e Caltanisetta. In un'altra casa il gruppo tiene le armi: kalashnikov, granate. "Ho comprato il top di tutte le armi! Sono per la guerra…". Parla Sultan Khan, 8 gennaio 2010. I terroristi islamici considerano un alleato la legge italiana. Ancora Sultan. "Qui non c'è l'impiccagione, se uccidi qualcuno fai soltanto 3 anni di carcere. Neanche l'ergastolo".

Papa Francesco prossimo obiettivo dell’Al Qaeda italiana?

"È importante eliminare il loro plar ("capo"), ricordatelo". Il 19 settembre 2010 il telefono dell'imam Zulkifal squilla e dall'altra parte c'è un uomo, "Umar Khan dal Pakistan". Gli parla di un attentato eccellente da compiere. "Ci sono tanti soldi sul loro papa. Stiamo facendo una grande jihad contro di lui". Zulkifal interrompe la telefonata.

E proprio il Vaticano l'obiettivo? Sentite il pakistano-romano Niaz Mir mentre il suo cellulare aggancia la cella di via della Conciliazione, a 150 metri da San Pietro. "Roma era piena, quando arriverà a 4 milioni di persone. Se lui (riferito a un kamikaze "appena arrivato a Roma") entrerà dentro, in mezzo fra le persone…". Cosa succederà? "C'è un borsello che hai tu", dice Muhammad Siddique a un tipo. "Se ci fosse già stata l'esplosione si sarebbe disintegrato". L'attentato, forse, è stato solo rimandato.

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